(DIRE - Notiziario Minori) Cracovia (Polonia), 11 ott. - "Prima
essere ebrei per noi voleva dire essere come tutti gli altri,
soltanto quando siamo arrivati qui, ad Auschwitz, abbiamo capito
che non era cosi'".
Sotto un cielo grigio e davanti ai resti della rampa del treno
che l'ha portata al campo di sterminio di Birkenau, Andra Bucci
ripercorre la memoria della sua deportazione, quando a soli
quattro anni dalla Risiera di San Saba fu portata qui il 29 marzo
del 1944. Lo fa davanti agli studenti della scuola "Carlo
Cattaneo" di Roma e ai ragazzi e le ragazze che quest'anno hanno
vinto il Trofeo della Memoria, la sfida calcistica promossa dalla
Regione Lazio in collaborazione con la Figc e dedicata ad Arpad
Weisz, l'allenatore ebreo vittima della persecuzione antisemita.
Sono loro quest'anno i protagonisti della VI edizione del Viaggio
della Memoria, ed e' con loro che oggi Andra Bucci ha visitato il
campo di sterminio di Birkenau e il campo di concentramento di
Auschwitz. Con loro, la presidente della Regione Lazio, Renata
Polverini, gli assessori regionali alla Cultura e all'Istruzione,
rispettivamente Fabiana Santini e Gabriella Sentinelli, il
presidente della Comunita' ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, lo
storico della Shoah, Marcello Pezzetti, il presidente del
comitato regionale della Figc, Melchiorre Zarelli, e Carolina
Morace, la ex giocatrice e allenatrice di calcio.
"Vorrei avere piu' ricordi- dice Andra Bucci rivolgendosi ai
ragazzi- per poterli raccontare a voi. Noi bambini giocavamo
praticamente in mezzo ai cadaveri, vedevamo le fiamme uscire
continuamente dal camino". Il camino era quello del Crematorio 2,
dove la delegazione della Regione e della Comunita' ebraica, le
squadre e gli studenti hanno ascoltato in silenzio i ricordi di
Andra Bucci, una dei pochissimi bambini sopravvissuti tra i 200
mila deportati dai nazisti a Birkenau.
Dopo la deposizione della targa per Ida Marcheria, il Viaggio
della Memoria e' proseguito all'interno della Sauna, dove i
prigionieri venivano disinfettati, rasati, tatuati e poi inviati
al lavoro nel campo.
Qui Andra Bucci ha ricordato il numero del suo tatuaggio, grazie
a cui e' riuscita a ricongiungersi con la famiglia dopo oltre due
anni dalla fine della guerra. Poco distante, sorge quello che
Marcello Pezzetti ha definito "il cimitero ebraico piu' grande
del mondo": le fosse comuni di Birkenau, dove i nazisti gettavano
i corpi che non venivano cremati e dove oggi quattro targhe in
inglese, polacco, ebraico e yiddish ricordano la tragedia della
Shoah.
L'ultima tappa all'interno di Birkenau e' stata quella al
Kinderblock, il blocco dove venivano tenuti i bambini. In uno di
questi e' stata Andra Bucci con la sorella Tatiana, piu' grande
di lei di 2 anni, e il cuginetto, Sergio De Simone. Davanti ai
ragazzi, molti dei quali commossi, e in mezzo alle celle dove
erano costretti a dormire i bambini, tra le lacrime Andra Bucci
ha ricordato la sorte del cugino, ucciso nei sotterranei di una
scuola di Amburgo dopo essere stato scelto come cavia dai nazisti
per gli esperimenti sulla tubercolosi. E il senso di colpa ancora
non l'abbandona quando parla della mamma: "Forse anche noi ci
siamo adeguate velocemente a questo tipo di vita. Non mi ricordo
di aver mai pianto, di aver cercato la mia mamma, non mi e'
mancata quando non veniva piu' a trovarci la sera, dopo il
lavoro. Era dimagrita, rasata, non mi sembrava lei e facevo
fatica ad avvicinarmi. Come e' possibile?".
Lasciato il campo di sterminio di Birkenau, i ragazzi e le
ragazze sono passati sotto la scritta 'Arbeit macht frei',
varcando la soglia del campo di concentramento di Auschwitz. Qui
hanno visto le fotografie dei deportati, i capelli ancora
conservati, e la sezione dei rom e sinti. Infine, Polverini ha
deposto un'altra corona di fiori all'esterno del museo. Accanto a
lei, i ragazzi e le ragazze del Lazio venuti fin qui per
conoscere gli orrori della Shoah. Un viaggio che regalera' loro
la conoscenza della Storia che non potranno piu' scordare, ma
anche la consapevolezza che, come ha insegnato loro Andra Bucci,
"la vita vale sempre la pena di essere vissuta".
(Wel/ Dire)