AIDS, 2,5 MILIONI DI BAMBINI CONTAGIATI
SECONDO IL RAPPORTO UNAIDS 2010
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 29 nov. - Le persone nel mondo
contagiate dall'Hiv sono 33,3 milioni, in aumento rispetto al
2001, anno in cui si registravano 28 milioni e 600 mila casi, ma
in calo rispetto al 2006 (39,5 milioni). Fra i contagiati, ci
sono 15,9 milioni di donne e 2,5 milioni di bambini (0-14 anni).
Nel 2009 vi sono stati 1,8 milioni di decessi nel mondo a causa
di Aids e malattie collegate. Dall'inizio dell'infezione in tutto
il mondo sono stati registrati circa 60 milioni di casi e 25
milioni di persone sono decedute a causa del virus. Il numero di
nuovi casi registrati in un anno e' diminuito, passando dai 3,1
milioni del 1999 ai 2,6 milioni del 2009. Sono questi alcuni dei
dati piu' recenti sul fenomeno, ricordati nel corso del convegno
organizzato dal Cesvi in occasione della giornata mondiale in
programma il prossimo 1 dicembre. I dati sono del rapporto UnAids
2010.
La situazione nel mondo resta drammatica: nella sola Africa
Subsahariana si contano 22,5 milioni di persone che vivono con
l'Hiv e che rappresentano circa il 67% dei sieropositivi su scala
mondiale. Un dato e' ancora piu' significativo: nel 2009 vi sono
state 1,3 milioni di vittime a causa dell'Aids in questa regione,
lasciando orfani 14,8 milioni di bambini. Unaids stima che nel
2009 siano stati 1,8 milioni i nuovi casi di contagio da Hiv/Aids
nell'Africa Subsahariana. Il tasso di donne affette da Hiv e' in
aumento in tutte le regioni africane; le donne rappresentano
oltre la meta' delle persone con Hiv/Aids ma, nell'Africa
sub-sahariana, questo tasso tocca il 60%, piu' che in qualsiasi
altra area. Nel 2009 circa 390mila bambini sono stati contagiati
dal virus quasi tutti contagiati dalla madre durante la
gravidanza o l'allattamento (circa il 90% dei bambini che vivono
con l'Hiv vivono nella regione Subsahariana). Per ridurre questo
fenomeno sono importantissimi i programmi di prevenzione del
contagio madre-figlio (PMTCT: Prevention of Mother-To-Child
Transmission). Nella regione Subsahariana il trattamento di
Hiv/Aids attraverso la somministrazione di antiretrovirali alle
persone sieropositive o con Aids conclamato sta aumentando (33%,
rispetto al 2% nel 2003) ma oltre 12 milioni di persone sono
ancora senza cure.
Nella maggior parte degli stati africani si e' arrivati ad una
stabilizzazione nel tasso di infezioni da Hiv che tuttavia resta
la principale causa di mortalita' nell'Africa subsahariana. In
particolare il Sudafrica e' la nazione con la piu' alta incidenza
di infezioni da Hiv nel mondo (5,6 milioni di persone). La
diminuzione dei contagi registrata in Uganda negli scorsi anni
sembra essere giunta ad una stabilizzazione con una percentuale
tra il 6,5 e il 7%, in cui pero' risulta preoccupante una ripresa
dei comportamenti sessuali a rischio. Anche nella Repubblica
Democratica del Congo si registra un incremento dell'incidenza
delle infezioni da Hiv, in particolar modo nelle aree rurali. Si
calcolano piu' di un 1 milione di sieropositivi nel Paese e
700.000 orfani da Aids; quasi 35mila persone sieropositive o con
Aids conclamato hanno ricevuto la terapia antiretrovirale ma
l'accesso al trattamento e' ancora molto limitato. Il primo caso
di Aids in Zimbabwe e' stato diagnosticato nel 1985, da allora il
paese ha registrato un tasso di prevalenza dell'infezione tra i
piu' alti nel mondo (nel 2009 era circa del 24% nella classe di
eta' 15-49 anni, 1.200.000 persone infette, 150mila bambini).
Nell'anno 2009, in Zimbabwe, circa 83mila persone sono morte a
causa dell'Aids. Uno degli interventi piu' importanti negli
ultimi 10 anni e' stata la somministrazione di farmaci
antiretrovirali per ridurre il tasso di trasmissione dell'HIV
dalla madre al bambino (PMTCT). In particolare e' stato
utilizzato il regime monodose di Nevirapina su madre e figlio,
introdotto nel paese dal Cesvi nel 2001.
La diffusione del virus e' aumentata anche nell'Asia Centrale e
in Europa dell'Est - dove si registra una crescita delle persone
che vivono con l'HIV dal 2001 (da 760mila a 1,4 milioni). In
particolare Russia ed Ucraina si sta registrando un aumento
rilevante della sieroprevalenza. In Asia si stima ci siano 4,1
milioni di persone affette da Hiv/Aids, di cui 250mila circa
infettati nel 2009.
Nello scenario europeo, i problemi piu' gravi sono rappresentati
invece, dalla scarsa informazione e dal ritardo nelle diagnosi.
La mancanza di assistenza e di test precoci causa il diffondersi
del virus e l'aumento dei casi di morte. Piu' della meta' delle
persone che hanno contratto il virus, infatti, non ne e' a
conoscenza. Di conseguenza questi soggetti hanno una probabilita'
di trasmettere il virus tre volte superiore rispetto a chi e'
consapevole di avere l'Hiv. In Europa Occidentale il numero di
nuove diagnosi di Hiv su base annua e' rimasto stabile nel corso
degli ultimi anni, cosi' come il numero delle persone affette da
Hiv, a causa della compensazione tra nuovi casi e decessi da Aids
o patologie correlate. In generale e' fortemente diminuito il
contagio dovuto allo scambio di siringhe infette ed e' aumentato
quello tramite rapporto sessuale (etero od omosessuale). Tuttavia
questo non deve far abbassare la guardia: nel 2009 vi sono state
31mila nuove infezioni tra gli adulti.
In Italia si stima vivano 150.000 persone con Hiv o Aids nella
quasi totalita' adulti (maggiori di 15 anni). Le donne portatrici
di Hiv/Aids sono circa 41.000, quasi un terzo del totale. I
decessi dovuti all'Aids nel 2007 sono stati 1.900, in diminuzione
rispetto al 2001, anno in cui furono 3.100. Nel 2009, quasi 60%
dei nuovi casi di Aids ha scoperto di essere sieropositivo molto
tardi, in concomitanza con la diagnosi di Aids; questa
proporzione e' aumentata progressivamente negli ultimi 15 anni.
Come conseguenza di queste diagnosi tardive, ben due terzi delle
persone diagnosticate con Aids dal 1996 ad oggi non ha usufruito
dei benefici delle terapie antiretrovirali prima di tale
diagnosi. Dunque una parte rilevante di persone infette,
soprattutto fra coloro che hanno acquisito l'infezione per via
sessuale, ignora per molti anni la propria sieropositivita': cio'
gli impedisce di essere curato tempestivamente e di adottare
quelle precauzioni che potrebbero diminuire il rischio di
diffusione dell'infezione. Questo dato e' confermato anche
dall'aumento dell'eta' mediana al momento della diagnosi di
infezione, che e' passata da 26 anni per i maschi e 24 anni per
le femmine nel 1985 a 37 e 33 anni, rispettivamente, nel 2007.
Per quanto riguarda le caratteristiche demografiche, e' aumentata
progressivamente negli anni la proporzione di donne diagnosticate
sieropositive: il rapporto maschi/femmine, che era di 3,5 nel
1985, e' diventato di 2,5 nel 2007. Un sieropositivo su quattro
non sa di essere infetto. Rispetto a venti anni fa, oggi si
infetta un minor numero di persone (circa 4.000 all'anno), ma e'
molto piu' elevato il numero dei sieropositivi viventi per
effetto delle maggiore sopravvivenza legata alle terapie piu'
efficaci. La principale via di trasmissione e' rappresentata dai
contatti sessuali non protetti, che tuttavia non vengono
sufficientemente percepiti come a rischio, in particolare dalle
persone di eta' matura. Questi ultimi dati sono di Anlaids 2010.
(Wel/ Dire)
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