LA CORTE DI STRASBURGO ASSOLVE L'ITALIA: PUÒ ESSERE ESPOSTO
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 18 mar. - La Corte di Strasburgo
ha assolto l'Italia dall'accusa di violazione della liberta'
religiosa di chi non e' cattolico in merito all'esposizione dei
crocefissi nelle scuole, che cosi' potranno continuare ad essere
liberamente esposti.
Il caso dei crocefissi in aula approdato alla Corte di Strasburgo
va avanti da tempo, dall'anno scolastico 2001/2002, quello in cui
i figli di Soila Lautsi, cittadina di origini finlandesi sposata
con un italiano, frequentano l'istituto comprensivo "Vittorino da
Feltre" ad Abano Terme (Padova). I due bambini hanno 11 e 13
anni. Nella loro scuola tutte le classi hanno il crocefisso. La
mamma non e' d'accordo e ne parla con la dirigenza scolastica
facendo riferimento peraltro ad una sentenza della Corte di
Cassazione del 2000 che aveva stabilito che la presenza di questi
simboli nelle aule e' contraria al principio di laicita' dello
Stato.
A maggio del 2002 la presidenza della scuola decide comunque
di lasciare i crocefissi in classe. Arriva anche una circolare
che va in questa direzione del ministero dell'Istruzione guidato
all'epoca da Letizia Moratti. Il 23 giugno 2002 la mamma
battagliera si rivolge al Tar del Veneto. Il ministero fa
ricorso. A gennaio del 2004 il Tar sottomette il caso alla Corte
Costituzionale. Intanto il governo (e' in carica Berlusconi)
difende i crocefissi definendoli "simboli dello Stato italiano".
Nel 2005 la Consulta spiega di non avere giurisdizione in
materia, si torna al Tar, dunque che respinge il ricorso
affermando che il crocifisso "e' simbolo della storia e della
cultura italiana e di conseguenza dell'identita' del Paese, ed e'
il simbolo dei principi di eguaglianza, liberta' e tolleranza e
del secolarismo dello Stato". Nel 2006, il Consiglio di Stato ha
confermato questa sentenza. Di qui il ricorso alla Corte di
Strasburgo a luglio del 2006. La Corte ha invertito le precedenti
sentenze italiane e stabilito anche che il governo italiano
dovra' versare un risarcimento di cinquemila euro per danni
morali. Ma il governo ha fatto ricorso con relativo rinvio della
questione alla Grande Camera. Oggi la sentenza che assolve
l'Italia.
(Wel/ Dire)