(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 4 mar. - E' la fiducia il filo
d'oro che rende possibile l'alternativa al carcere per bambini
come Marco, il piccolo bosniaco di etnia rom con padre e nadre in
carcere e affidato a una coppia romana (vedi lancio precedente).
E' la fiducia che fa crescere. "E' importante cio' che fa
l'associazione 'A Roma insieme' - spiega Francesco -. Marco e'
con noi perche' un giorno un'assistente sociale ando' dalla mamma
e le disse "Troveremo una famiglia affidataria" e lei rispose che
gli unici a cui avrebbe dato il bambino erano Francesco e Paola.
Li conosceva, portavano gia' fuori il loro bambino nei week end e
con loro si era instaurata una sintonia. "Non si puo' arrivare
all'improvviso e prendere i bambini, sono necessarie forme che
avvicinino le detenute ai genitori affidatari e alla pratica
dell'affidamento, vanno accorciate le distanze, le istituzioni
devono fare in modo che i genitori si fidino di questo percorso:
molto spesso i bimbi restano in carcere perche' le madri hanno
paura di perderli".
Racconta Francesco: "Quando abbiamo preso con noi per un week
end il primo bambino, Leda Colombini (fondatrice
dell'associazione A Roma insieme, centinaia di bambini sono
usciti dal carcere grazie al suo lavoro e al suo impegno, ndr) ci
disse: 'Fatelo dormire e dategli amore, e se non mangia per tutto
il week end non vi preoccupate'".
Marco oggi sa anche chiedere la tenerezza di cui ha bisogno ("E'
da un po' che non mi dai dei baci").
Francesco e Paola circa 11 anni fa frequentarono per un anno e
mezzo un corso, presso il servizio sociale del territorio,
condotto da giudici e psicologi ("Lo consiglierei a tutti i
genitori"). Il percorso di Marco e' seguito da un'assistente
sociale e nel periodo iniziale dell'affidamento erano frequenti
le visite a casa della psicologa, mentre ormai la sua consulenza
e' "su chiamata". "Verra' nei prossimi giorni per vedere la
stanza nuova di Marco, visto che abbiamo appena traslocato".
Per sostenere l'affidamento il Comune eroga un sussidio 220 euro
mensili alle famiglie. "Un aspetto da tener presente - commenta
Francesco - perche' condiziona la scelta dell'affido: io sono
libero professionista e mia moglie impiegata di banca, ma una
famiglia di due operai, magari con gia' uno o due figli, non puo'
permettersi di fare questa scelta".
Traguardi. Sulle difficolta' iniziali burocratiche legate
all'affidamento, che pure ci sono state, Francesco preferisce non
insistere. Quel che conta e' che "l'affidamento in Italia e' poco
conosciuto dal punto di vista culturale". Anzi, spesso non e'
proprio contemplato: "Un esempio: ogni anno sui moduli
d'iscrizione a scuola devo aggiungere io la voce 'l'affidatario'
perche' non e' prevista".
Nel caso di Marco bisogna anche fare i conti con la "chiusura
mentale nei confronti dell'etnia rom", un aspetto su cui piu' di
una volta a Francesco e' toccato intervenire. Un giorno a Marco i
compagni di classi dissero: "Ma quelli non sono i tuoi veri
genitori". "Allora io portai suo padre e sua madre a ritirare le
pagelle. Da allora si tranquillizzo', aveva sancito davanti agli
altri che anche lui aveva dei genitori". Anche quando si tratto'
di togliere le adenoidi non fu facile: "Il medico ti guarda e poi
chiama l'assistente sociale".
Per l'iscrizione di Marco alla scuola media Francesco non ha
potuto seguire l'iter normale: e' andato a parlare con il preside
per esporre il caso, e' andato in tribunale per un atto da
allegare al modulo d'iscrizione. Tutto diventa burocraticamente
piu' difficile, con un piccolo in affidamento, e di piu' se
straniero, di piu' se rom. Ma i genitori, si sa, sanno guardare
oltre: "La meta finale e' un bambino che possa avere un futuro.
Il nostro obiettivo e' che Marco arrivi a 18 anni con una buona
scolarizzazione e con la possibilita' di scegliere, perche' la
legge glielo consente, se essere cittadino italiano o no". Un
traguardo, quello della scolarizzazione, condiviso fortemente
anche dai genitori naturali. "E poi il mio sogno e' che Marco
vada all'estero a studiare dopo i 18 anni - aggiunge Francesco -
perche' oggi qui i ragazzi sono messi male".
(Wel/ Dire)