(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 18 gen. - Un volontariato in
transizione, al passo con la lenta ma inarrestabile
trasformazione del sistema di welfare. Ma anche un volontariato
dall'identita' "dimezzata", troppo dipendente dal settore
pubblico e non ancora pienamente capace di fare rete con le
amministrazioni e gli altri soggetti del territorio. È una
fotografia a luci e ombre quella che emerge dall'indagine
"Organizzazioni di volontariato tra identita' e processi", che la
Fondazione Roma Terzo settore ha realizzato alla vigilia
dell'Anno europeo del volontariato su una rilevazione condotta
nel corso del 2008 e pubblicata da pochissimo per esteso sul sito
http://www.fondazioneroma-terzosettore.it/. La ricerca e' stata
condotta su 1.423 volontari e 1.329 organizzazioni di
volontariato in dieci aree del paese: le province di Biella,
Trento, Modena, Treviso, Rovigo, Venezia, Belluno, Taranto,
Cosenza e la regione Sardegna. "Un campione statisticamente non
rappresentativo del volontariato italiano, ma sicuramente in
grado di tracciare una tendenza sui cambiamenti generali
attualmente in atto", spiega il curatore dell'indagine, Renato
Frisanco, gia' responsabile delle ricerche periodiche su tutto il
territorio nazionale svolte dalla Fondazione Italiana
Volontariato fino al 2006. Si tratta dunque della ricerca piu'
aggiornata oggi disponibile sulle linee di tendenza del
volontariato italiano.
Innanzitutto chi sono i volontari? La fotografia scattata dalla
Fondazione Roma Terzo settore ne traccia l'identikit: si tratta
prevalentemente di donne, ultra quarantacinquenni e con un titolo
di studio piuttosto elevato. Scarsa, invece, la presenza dei
giovani: su 100 volontari continuativi soltanto 14 hanno fino a
29 anni e oltre 40 sono ormai sopra i 45. Ma dalla ricerca emerge
anche che la maggiore presenza giovanile spetta alle
organizzazioni dei comuni medio-piccoli, a quelle piu' recenti e
indipendenti e alle unita' che operano nei settori della
partecipazione civica piuttosto che nel welfare. Piuttosto lento
poi il turn over di quanti ricoprono le cariche di vertice: i
presidenti sono per lo piu' di volontari di lungo corso in
carica, mediamente, da sette anni. Anche se in quasi il 29% dei
casi ricoprono la posizione presidenziale da 9 o piu' anni. Oltre
a donare il proprio tempo, i volontari contribuiscono anche al
sostegno economico dell'organizzazione, mentre nel 16% dei casi
ricevono un rimborso delle spese sostenute per l'attivita'
solidaristica, di cui nel 15,8% dei casi si tratta di un rimborso
spese forfetario e non documentato, ovvero un piccolo compenso in
"nero" da parte dell'organizzazione.
Quanto alle dimensioni delle organizzazioni poco meno di una
organizzazione su due (46,1%) aggrega non piu' di 10 volontari
continuativi, mentre pressoche' un quarto del campione (24,6%)
puo' contare su oltre 20 persone. La rilevazione registra,
inoltre, che l'aiuto a chi si trova in condizione di bisogno (51
su 100) e la propensione ad occuparsi di "beni comuni" (35 su
100) rimangono le ragioni principali che determinano la nascita
delle organizzazioni. Ma vi e' anche una terza componente che,
per quanto minoritaria, resta comunque significativa: 14
organizzazioni su 100 sono state fondate a scopo di auto-tutela o
di auto-aiuto. Oltre la meta' delle associazioni analizzate fa
capo a una grande sigla nazionale, ma si tratta soprattutto di
organizzazioni legate ai settori del socio-sanitario, mentre
quelle indipendenti sono maggiormente presenti nei meno
tradizionali comparti della partecipazione civica. Il 62% delle
organizzazioni esaminate continua ad operare nel socio-sanitario
e il 77,6% dichiara di occuparsi di particolari gruppi di
cittadini in difficolta'.
18 gennaio 2011
(Pic/ Dire)