(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 15 feb. - L'incidenza della
Sclerosi multipla (Sm) tra le donne in eta' riproduttiva e' molto
elevata: si stima che circa 2 milioni di persone al mondo ne
soffrano, con frequenza due volte superiore nelle donne rispetto
agli uomini. Fortemente sentita e diffusa e' l'esigenza tra le
pazienti, future mamme, in cura con Inteferone ß, un farmaco
modificante il decorso della malattia, di conoscere gli effetti
di tale terapia sulla gravidanza, i rischi legati all'esposizione
del farmaco, la necessita' o meno di sospendere il trattamento
prescritto per il controllo della Sm, o addirittura di sospendere
la gravidanza, per scongiurare effetti sul feto esposto in utero.
Il gruppo di studio Sm-Sin (Societa' italiana di neurologia),
coordinato dalla professoressa M.P. Amato, neurologa presso il
dipartimento di Neurologia dell'Universita' di Firenze, ha
condotto una ricerca per valutare l'andamento della gravidanza e
le conseguenze per il feto dell'esposizione in utero a
Interferone ß, valutando inoltre rischio di aborto spontaneo.
Le pazienti intervistate sono state suddivise in due gruppi: un
gruppo costituito da pazienti che avessero sospeso l'IFN- ß, a
meno di quattro settimane dal concepimento, e quindi considerate
"esposte" al farmaco ed un gruppo rappresentato da chi aveva
sospeso la terapia piu' di quattro settimane prima del
concepimento o che non era mai stata trattata.
Sono state analizzate 396 gravidanze di 388 pazienti, e di
queste, 88 sono state classificate come "esposte" (esposizione
media 4,6+/-5,8 settimane). I dati hanno mostrato che in queste
pazienti la terapia non ha provocato alcun aumento di aborto
spontaneo (OR 1,08, CI 95% 0,4-2.9), mentre e' risultata
associata con valore significativo a un peso ( PS ß - 113,8 p <
0.0001) e a una lunghezza inferiori alla nascita (PS-adjusted ß
-1.102, p < 0.0001)
L'incidenza di aborto spontaneo nelle pazienti "esposte" si e'
collocato in un range sovrapponibile a quella della popolazione
generale italiana in quello stesso periodo. L'esposizione a IFN -
ß e la necessita' di parto con taglio cesareo sono stati i soli
fattori predittivi di un parto prematuro. Nei nati dalle pazienti
"esposte" non si sono registrate complicanze significative a
carico del feto e, nel corso del follow up durato in media 2,1
anni, non sono state riscontrate malformazioni o anomalie dello
sviluppo.
"In conclusione- ha dichiarato Angelo Ghezzi, segretario gruppo
di studio Sm-Sin- l'esposizione a IFN ß fino a quattro settimane
dal concepimento e' relativamente sicura e cio' rappresenta un
riferimento importante per i neurologi che seguono pazienti con
sclerosi multipla che progettano una gravidanza. Inoltre- ha
concluso Ghezzi- questo studio, condotto su un'ampia casistica e
con la partecipazione di molti centri clinici italiani, rafforza
i dati di osservazioni precedenti condotte su piccoli numeri e
dimostra l'alta qualita' della ricerca italiana".
(Wel/ Dire)