(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 16 dic. - I conti non tornano.
Le famiglie che ricorrono all'adozione internazionale spendono
circa 20 mila euro, di cui 4 mila vanno all'ente che li ha
seguiti. Gli altri servono per il viaggio nel Paese del bambino e
per i diversi passaggi burocratici. Gli enti, sono 65 quelli
accreditati alla Commissione adozione internazionale della
Presidenza del Consiglio dei ministri, spendono a loro volta
circa 7.500 euro, anche loro per le pratiche burocratiche e poi
per i compensi al personale specializzato. Accade cosi' che ogni
adozione internazionale e' un salasso per le famiglie e una
perdita nei bilanci degli enti. E' quanto emerge da una ricerca
realizzata dal Cergas Bocconi in collaborazione con il
Coordinamento degli enti autorizzati (Cea), il coordinamento
Oltre Adozione e alcuni altri enti tra cui l'unico pubblico,
l'ente Arai della Regione Piemonte.
L'Italia conta ogni anno poco piu' di 4 mila adozioni
internazionali. "Attualmente i costi per la parte Italia
richiesti alle famiglie sono quelli fissati nel 2003, salvo
adeguamenti comunicati alla Cai sulla base di una scheda inviata
annualmente dagli enti", spiega Attilio Gugiatti, ricercatore del
Cergas e coordinatore della ricerca. "Lo studio ha evidenziato
che oggi tali costi per le famiglie non sono piu' sufficienti per
coprire le spese sostenute dagli enti per realizzare un percorso
adottivo che sia in linea con gli standard qualitativi richiesti
dalla Commissione".
Secondo un modello di costo definito dallo studio, infatti, le
varie voci di spesa che gli enti devono sostenere per supportare
le famiglie sono comprese in una forbice che va da 5.850 a 8.400
euro. Tale modello e' stato poi verificato sui dati di bilancio e
i costi dei servizi di 5 enti autorizzati in diverse regioni
italiane: Aibi, Ciai, Asa, La Maloca e Arai. Ne e' emerso che il
costo medio si attesta sui 7.500 euro. Come fanno allora gli enti
a rientrare dei costi maggiori sostenuti rispetto a quanto viene
chiesto alle famiglie? "La loro sostenibilita' economica e'
infatti a rischio. Devono fare sempre piu' ricorso al
volontariato, utilizzando personale meno qualificato,
specializzarsi su pochi paesi, trovare finanziamenti attraverso
attivita' di cooperazione internazionale e grazie alle
donazioni", spiega Gugiatti.
Il contesto delle adozioni e' cambiato negli ultimi anni: oggi,
il 15% di tutti i bambini adottati e il 40% di quelli provenienti
dall'estero presentano necessita' particolari, perche' sono
disabili o malati di Aids, perche' segnati da esperienze
particolarmente difficili o perche' piu' grandi degli altri.
"Elementi questi che richiedono un'alta specializzazione del
personale degli enti e che si traducono in maggiori investimenti
nella formazione interna", afferma Gugiatti.
"C'e' il rischio, inoltre, che all'adozione internazionale si
affidino in futuro solo le famiglie ricche, gia' oggi costa
intorno ai 20mila euro e con la crisi sempre di meno possono
permettersi una spesa del genere", aggiunge Gugiatti. "Rispetto
ad altri paesi, la situazione italiana vede un numero di
organismi operanti superiore, mentre manca un organismo pubblico
che operi sull'intero territorio nazionale, come e' il caso
dell'agenzia Afa francese". A livello europeo, infine, "appare
sempre piu' evidente agli enti e a tutto l'universo coinvolto a
vario titolo nelle adozioni internazionali la necessita' di
considerare le adozioni tra le politiche europee sviluppando
maggiormente la collaborazione tra gli stati", conclude Attilio
Gugiatti.
(Wel/ Dire)