(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 12 nov. - Il termine "seconde
generazioni" puo' essere criticabile perche' compie una
categorizzazione ma serve a dare visibilita' a una parte della
societa' che altrimenti rischierebbe di restare nell'ombra.
Maurizio Ambrosini, sociologo e docente dell'Universita' di
Milano, interviene a Riva del Garda, alla seconda giornata di
lavoro del convegno "Qualita' del welfare. Buone pratiche e
innovazioni" organizzato dal Centro Studi Erickson, per
affrontare la realta' dei minori stranieri. Da un lato,
sottolinea, l'attenzione ai giovani di origine immigrata e alla
loro integrazione riflettono la preoccupazione piu' generalizzata
degli adulti "che i giovani non riproducano le gerarchia sociali
e i diritti degli adulti", una preoccupazione che cresce se si
tratta di giovani immigrati o di fasce economicamente fragili.
"Puo' piacere o no: sono stranieri ma resteranno e porteranno un
colore diverso della pelle, tradizioni e religione diverse".
Dall'altro ci sono i timori delle famiglie immigrate che al
contrario vivono l'integrazione come una sorta di perdita di
identita' e la reputano dannosa. Ne deriva che la preoccupazione
degli italiani riguarda soprattutto i maschi immigrati, mentre le
attenzioni degli stranieri si concentrano intorno alle figlie.
La realta' dei minori in Italia e' molto diversa; ad esempio
diversa la condizione di chi arriva in Italia per
ricongiungimento, da chi nasce in Italia. Lo dimostrano i
risultati scolastici, molto legati all'anzianita' della presenza
in Italia: piu' arriva tardi piu' si fa fatica a scuola. Cosa
rende dunque buona o cattiva l'integrazione? "Dipende -
sottolinea Ambrosini - dalla offerte di integrazione da parte
della societa' ricevente, dal funzionamento delle scuole e del
mercato del lavoro". Nodo centrale resta la cittadinanza, secondo
lo studioso. "Non esistono negri italiani - ha detto Ambrosini
citando le argomentazioni di alcuni ultras - "Siamo convinti che
l'italianita' sia una caratteristica quasi biologica e che abbia
caratteristiche che non possono essere acquisiti. La legge sulla
cittadinanza traduce questo convinzione e e' la piu' restrittiva
d'Europa". Una situazione particolarmente imbarazzante se
consideriamo che ci sono straneri nati in Italia e parlano i
nostri dialetti, ha aggiunto Ambrosini. C'e' una spinta molto
forte all'assimilazione dei valori e della cultura, ma si
trascurano con questo molti elementi: ad esempio gli stranieri
non amano i ghetti ma ci finiscono dentro. "Riconoscere
l'appartenenza di questi giovani alla nostra societa' e insieme
riconoscere che il futuro della nostra societa' sara' sempre piu'
multiculturale" rappresenta la sfida per il futuro. "Mantenere la
propria identita' puo' favorire l'integrazione nella societa'
ricevente, ma dovremmo produrre nuove sintesi culturali. La vita
quotidiana e' scambio, e' contatto".
(Wel/ Dire)