AFFIDATA AL VILLAGGIO SOS DI TRENTO A 18 MESI NE E' USCITA A 18.
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 12 nov. - "Gli affidi sine die
sono inevitabile perche' a volte non ci sono i presupposti per
un'adozione ma neanche quelli per far rientrare in famiglia un
minore". Ne e' convinta Bernadetta Santaniello, del Tribunale dei
minori di Trento, che ha aperto e coordina la seconda giornata
del convegno in corso a Riva del Garda "Qualita' del welfare.
Buone pratiche e innovazione" promosso dal Centro Studi Erikson.
Invocare affidi brevi non sempre corrisponde alla realta',
spiega, che e' invece "magmatica": "L'adozione e' una scelta
estrema". Parole che cozzano duramente con la storia regalata ai
presenti di Anna Chiara Bortolotti, affidata al Villaggio Sos di
Trento a 18 mesi e li' rimasta fino alla maggiore eta'. Sulla sua
vicenda ha scritto anche un libro "L'Altra famiglia", dopo anni
di silenzi e sofferenza.
Allontanata dalla famiglia naturale, per lei fu disposto non
l'adozione, ma l'affido. "Quando un minore molto piccolo -
racconta - e' allontanano dalla famiglia, si attua il ricorso
all'adozione per garantire la crescita in una famiglia stabile,
che possa assicurare amore nel lungo periodo. Nel mio caso,
invece, attraverso la valutazione dei servizi sociali e dei
magistrati si e' disposto l'affidamento, usato invece
nell'ipotesi del rientro in famiglia, perche' si e' ritenuto che
le difficolta' fossero sanabili". La realta' pero' e' stata molto
diversa: l'abbandono totale e progressivo della famiglia
d'origine. Rabbia, aggressivita' e menefreghismo, le strategie
che prima da bambina e poi da adolescente ha sviluppato come
difesa.
"Avevo una seria difficolta' a capire dove ero e perche', a
spiegarlo alle persone esterne al villaggio e a vivere con
persone, che io reputavo fratelli, ma che venivano spostati o
rientravano in famiglia; avevo paura di diventare grande, di
uscire dal villaggio e diventare autonoma". La solitudine il
sentimento che l'ha sempre accompagnata nella crescita, aggravata
dall'allontanamento anche dai fratelli biologici. Difficile
recuperare un rapporto dopo anni di allontanamento. "Se avessimo
condiviso l'affido, avremmo creato un'alleanza che ci avrebbe
fatto sentire legati".
Una storia che da' senso alle domande senza risposte su cui gli
operatori si stanno confrontando in queste giorni: Comunita' o
famiglia? Adozione o affido? "Mi sono chiesta come altri hanno
potuto fare scelte che avrebbero condizionato la mia vita",
accusa con garbo Anna, anche se dice di comprendere quanto sia
difficile decidere e valutare una situazione come la sua. E in
conclusione suggerisce la sua risposta: "Credo sia fondamentale
far partecipare il minore in queste decisioni, malgrado non sia
perfettamente cosciente o formato".
(Wel/ Dire)