(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 12 nov. - La famiglia non e' il
nemico e non va combattuta, ma coinvolta in un sistema di rete
vero, non solo di facciata come quello attuale. È l'invito
lanciato dal Fabio Folgheraiter dell'Universita' Cattolica del
Sacro Cuore, intervenuto al convegno internazionale "La tutela
dei minori", organizzato dal centro studi Erikson e in corso fino
a domani al Centro congressi di Riva del Garda. L'esperto riserva
una dura critica al sistema dei servizi sociali, troppo spesso
rifugiato in "unita' multiprofessionali che costituiscono una
sorta di falange contro il nemico-utente".
L'accusa al sistema e' di arroccarsi in posizioni difensive
rispetto alla famiglia su cui si deve intervenire, muovendo dal
pregiudizio che questa fara' di tutto per contrastare
l'intervento e tornare ad autodeterminarsi. "Quando c'e' la
necessita' di intervenire nella vita altrui - spiega Forgheraiter
-, quella vita va tenuta da conto e rispettata. Non si puo'
considerare la famiglia come un nemico che vuole 'far saltare' il
tavolo e autoregolarsi: e' un pregiudizio che nella pratica
spesso viene smentito, perche' al contrario la famiglia il piu'
delle volte sa quello che le serve". Quello che si chiede dunque
ai servizi sociali e' di capovolgere il punto di vista e
abbattere i pregiudizi: "Se si vuole essere ascoltati bisogna
saper ascoltare. Se si pretende fiducia, bisogna essere disposti
a concederla". Il passo successivo e' di instaurare un rapporto
alla pari. "Posso aiutare la genitorialita' solo se consento ai
genitori di aiutarmi in questo compito. Posso essere da sostegno
al minore solo se lui mi aiuta a capire. Bisogna emettere
reciprocita' nelle prospettive della cura per renderla umana ed
efficace". Solo se le persone ragionano alla pari, anche
esprimendo punti di vista diversi, si riescono a creare reti vere
di fronteggiamento dei problemi. Ed e' proprio questo il gap da
colmare: "Cio' che oggi e' definito 'rete' e' piu' che altro una
santa alleanza tra i professionisti per evitare di fare brutta
figura. L'arroccamento sulla retorica delle reti e' in contrasto
con lo spirito di enpowerment".
Sulla necessita' di ascoltare la voce dei minori insiste anche
Jane Dalrymple, della University of West England: "Nel mio paese
- riferisce - il diritto dei minori di dire la propria nelle
decisioni che li riguardano e' sancito dalla legge. Nell'ambito
della tutela minorile i professionisti si trovano ogni giorno a
prendere decisioni che hanno conseguenze significative. Ebbene,
gli esiti di questi interventi hanno maggiori probabilita' di
efficacia se i destinatari contribuiscono alle decisioni". Un
luogo in cui in Inghilterra la voce dei minori puo' essere
ascoltata e' la "Commissione di tutela" e l'esperienza sul campo
ha dimostrato che, grazie al contributo dei minori, gli operatori
sono riusciti a comprendere meglio la loro situazione di vita e a
considerare come aiutarli ad affrontarla senza rischi".
(Wel/ Dire)