L'INCHIESTA: "MA PERCHÉ NON LO ISCRIVETE ALLE STATALI?".
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 1 mar. - "Signora, ma perche'
non iscrive suo figlio in una scuola statale? Li' sono
organizzati meglio. Noi i ragazzi disabili non li prendiamo, non
sapremmo come gestirli, non abbiamo insegnanti di sostegno".
Iscrivere un bambino alla scuola paritaria puo' diventare un
percorso a ostacoli per un padre o una madre se quel figlio ha
una disabilita'. Non bastano le difficolta' quotidiane e il
pensiero assillante di quel giorno in cui mamma e papa' non ci
saranno piu'. Ci si mettono pure le discriminazioni in ambito
scolastico. Eppure la legge sulla parita' del 2000 prevede che le
scuole che ottengono il si' del ministero debbano accogliere
tutti, disabili compresi. Tanto che ogni anno vengono stanziati
dei fondi per il sostegno. Il concetto lo ha ribadito anche il
tribunale di Roma nel 2002 e nel 2008 il ministro Mariastella
Gelmini ha rincarato la dose con un decreto in cui si dice che si
ottiene la parita' solo se si rispettano le norme di inserimento
degli alunni disabili.
Fin qui la legge, ma nella realta' regna il fai-da-te. Una
giungla in cui la Dire ha deciso di avventurarsi. Telefono alla
mano, abbiamo contattato numerose scuole private paritarie,
scoprendo che molte volte il bambino disabile riceve un "no". Ma
anche quando scatta il "si'" arrivano i problemi sul sostegno. E
su questo punto la confusione e' totale. C'e' chi dice "noi non
ci attiviamo neanche per averlo", scaricando la colpa sul
ministero "che non garantisce i rimborsi, che stanzia pochi
fondi", chi chiede rette aggiuntive per pagare l'insegnante in
piu', chi contributi parziali.
Qualche esempio. Chiamiamo un noto istituto privato romano, di
quelli che pubblicizzano la loro attivita' a forza di maxi
cartelloni. Ci risponde una cortese segretaria a cui chiediamo di
iscrivere alla prima elementare un bimbo affetto dalla sindrome
di down. "Non credo ci siano problemi- risponde la donna in un
primo momento- chiedo alla direttrice". Poi il verdetto cambia:
"Non abbiamo l'insegnante di sostegno in questo momento. Puo'
provare nelle scuole statatali dove il sostegno c'e' sempre. Le
iscrizioni sono ancora aperte". Il no e' condito da un "mi
dispiace" che si ripete ad ogni diniego, con, appunto, il
consiglio di mandarli alla statale, i bambini con disabilita',
perche' li', si sa, sono "piu' organizzati". Di fatto, uno
scarica barile. Che penalizza le scuole pubbliche e, soprattutto,
le famiglie, che non hanno liberta' di scelta su dove far
studiare i figli.
Cambiamo ciclo scolastico, ci riproviamo con le superiori. Di
nuovo scegliamo un istituto paritario romano dei piu'
pubblicizzati. Anche qui scatta il no al ragazzo down: "Non
sappiamo come gestirli- risponde un uomo al centralino- non
abbiamo l'obbligo di prenderli, non ricadiamo nella legge della
scuola pubblica. Non prendiamo ragazzi con disabilita'".
Il problema e' il sostegno? Domandiamo. "No, e' che non li
prendiamo proprio perche' ci si viene a creare un problema. La
cosa migliore, signora, e' la statale, che e' piu' organizzata di
noi". Ci risiamo. In un istituto cattolico gestito da una grande
fondazione (la struttura e' a Roma e ha laboratori, centri
sportivi, teatro, piscina) si aprono le porte per il nostro
bambino che deve andare in prima, ma, ci dicono dalla segreteria,
"noi siamo una scuola paritaria e vi dovete prendere l'onere del
sostegno. In attesa che il ministero vi riconosca le ore e vi
rimborsi, ma chissa' quando avverra'". Scoraggiarsi e' d'obbligo.
In un'altra scuola cattolica blasonata della Capitale ci
dicono che "non c'e' un si' o un no a priori, certo poi bisogna
vedere se si concretizzera' l'iscrizione". Ci lasciano nel
dubbio. Istituto di suore a Milano: il sostegno non c'e', il
bambino non trova spazio. "Il fatto- ci dicono- e' che il
ministero paga solo un 'quid'...". Colpa di viale Trastevere,
insomma, se un bambino non puo' scegliere la scuola che vuole. In
un istituto di Verona ci dicono che anticipano loro la "retta
integrativa per la disabilita'". Poi la famiglia chiedera' un
sostegno alla Regione che andra' girato all'istituto. "E se non
ce lo danno?". "Non e' mai capitato, ma certo il rimborso si
potrebbe fare in molte rate". Si parla, infatti, dello stipendio
di un docente per un anno. E anche al Sud la musica non cambia: a
Palermo ci invitano a portare il nostro bimbo alla statale, "da
insegnante- ci dice una operatrice- le dico che e' meglio".
(Wel/ Dire)