(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 27 mag. - In Italia cresce il
numero dei cosiddetti "bamboccioni", quelli, cioe', che
nonostante l'eta' non si decidono ad andare a vivere da soli. Il
fenomeno riguarda in particolar modo i maschi che in un caso su
tre rinviano l'uscita dalla famiglia, rispetto alle femmine che
lo fanno in un caso su cinque. Complice di questa particolare
situazione, la difficolta' per i giovani di trovare lavoro e
raggiungere un'autonomia economica. E' quanto rivela il Rapporto
Istat 2010 sulla situazione del Paese. Secondo l'Istituto di
statistica, la quota dei 18-34enni celibi e nubili che vive in
famiglia e' cresciuto dal 49 per cento del 1983 al 60,2 del 2000,
attestandosi poi al 58,6 per cento nel 2009. In particolare,
pero', rispetto al 1983, si e' triplicata la quota di chi vive in
famiglia tra i 30-34enni. Una convivenza prolungata con i
genitori dovuta soprattutto da problemi economici (40,2 per
cento) e dalla necessita' di proseguire gli studi (34 per cento).
Solo in un caso su tre la permanenza in famiglia e' indicata come
una scelta (31,4), ma rispetto al 2003 si registra una
diminuzione di nove punti del modello di "permanenza-scelta",
soprattutto nelle zone piu' ricche del Paese (-16 punti nel
Nord-est e -13 nel Nord-ovest), dove questa motivazione era
maggiormente segnalata in passato. Tra i motivi economici piu'
segnalati, spiccano le difficolta' di trovare un'abitazione
adeguata (26,5 per cento) e quella di trovare lavoro (21,0 per
cento).
Un fenomeno particolarmente rilevante riguarda i giovani
cosiddetti "ne'-ne'". Nel 2009, sono oltre due milioni (il 21,2
per cento dei 15-29enni) quelli che risultano fuori dal circuito
formazione-lavoro, cioe' non lavorano e non frequentano alcun
corso di studi (Not in education, employment or training, Neet).
Nel confronto internazionale l'Italia presenta un numero di
"neet" molto elevato. Nel nostro Paese questa condizione e'
riconducibile piu' all'area dell'inattivita' (65,8 per cento) che
a quella della disoccupazione. Nel periodo 2008-2009 la
permanenza nella condizione di Neet e' pari al 73,3 per cento (in
crescita); cresce anche il flusso in entrata degli ex-studenti
non occupati, che passa dal 19,9 al 21,4 per cento.
Peraltro, sempre secondo l'Istat, sono proprio i giovani il
segmento in assoluto piu' colpito dalla crisi economica. La fase
ciclica negativa ha avuto infatti un forte impatto sulla
popolazione giovanile, determinando una significativa flessione
degli occupati tra i18 e i 29 anni: 300 mila in meno rispetto al
2008, il 79 per cento del calo complessivo dell'occupazione. Il
fenomeno e' dovuto al fatto che una parte significativa di questa
caduta riguarda il lavoro atipico (-110 mila unita'), in cui i
piu' giovani risultano maggiormente impiegati. Una flessione,
quella dell'occupazione giovanile, particolarmente brusca e
repentina. Secondo l'Istituto di statistica, infatti, dopo il
moderato calo tra il 2004 e il 2008 (dal 49,7 al 47,7 per cento),
il tasso di occupazione dei 18-29enni e' sceso in un solo anno al
44 per cento: una caduta tre volte superiore a quella del tasso
di occupazione totale. E non c'e' preparazione che tenga: nessun
titolo di studio e' stato in grado di proteggere i giovani
dall'impatto della crisi. La flessione dell'occupazione per chi
ha un titolo non superiore alla licenza media e' particolarmente
critica (-11,4 per cento), ma rimane rilevante anche per i
diplomati (-6,9 per cento) e per i laureati (-5,2 per cento).
In particolare i figli che vivono nella famiglia di origine,
spesso impegnati in lavori temporanei e con bassi profili
professionali all'inizio della loro carriera lavorativa,
rappresentano il gruppo piu' colpito dal calo dell'occupazione
(-332 mila unita'). Il tasso di occupazione dei figli 15-34enni,
pari al 36,1 per cento, cala di oltre tre punti percentuali
rispetto al 2008; per i genitori, che hanno potuto contare sulla
cassa integrazione in misura maggiore, la flessione e' meno
acuta, non arrivando al punto percentuale (dal 65,4 al 64,8 per
cento).
Per la prima volta dall'inizio degli anni Novanta, nel 2009
diminuisce il reddito disponibile in termini correnti delle
famiglie consumatrici (-2,7 per cento).
Considerando la sottostante variazione dei prezzi, il potere
d'acquisto subisce una riduzione del 2,5 per cento, proseguendo
la tendenza avviatasi nel 2008 (-0,9 per cento). La riduzione del
reddito disponibile trae origine dalla contrazione del reddito
primario, dovuta in modo consistente al decremento dello 0,7 per
cento dei redditi da lavoro dipendente, che contribuiscono per
oltre il 55 per cento al reddito primario delle famiglie. D'altra
parte, crescono in misura significativa le risorse percepite
dalle famiglie per cassa integrazione guadagni e assegni di
integrazione salariale: oltre 3,5 miliardi di euro in piu'
rispetto al 2008. La famiglia, pero', rimane uno degli
ammortizzatori sociali fondamentali soprattutto per i giovani che
hanno perso il lavoro. E in particolare per i figli che vivono
nella famiglia di origine, spesso impegnati in lavori temporanei
e con bassi profili professionali all'inizio della loro carriera
lavorativa, che rappresentano il gruppo piu' colpito dal calo
dell'occupazione (-332 mila unita').
La minore entita' dei guadagni dei figli rispetto a quelli dei
genitori ha determinato una riduzione del reddito familiare
relativamente piu' contenuta. D'altra parte, la perdita di
occupazione dei figli e' stata piu' frequente nelle famiglie con
almeno due redditi.
Alla diminuzione del reddito familiare si accompagnano spesso
situazioni di disagio economico. Secondo i dati provvisori
dell'indagine Eu-Silc, nel 2009 il 15,3 per cento delle famiglie
presenta tre o piu' categorie di deprivazione. Tale valore e'
marcatamente piu' elevato tra le famiglie con cinque o piu'
componenti (25,5 per cento), tra quelle residenti nel Mezzogiorno
(25,3 per cento), quelle con tre o piu' minori (29,4 per cento) e
quelle che vivono in affitto (31,4 per cento). La perdita del
lavoro e il passaggio alla cassa integrazione hanno solo in parte
contribuito all'entrata delle famiglie in situazioni di
deprivazione; in realta', infatti, il 60 per cento del totale
delle famiglie che nel 2009 risultavano deprivate lo era gia' nel
2008. Inoltre, in molti casi, la presenza in famiglia di altri
percettori di reddito ha garantito la permanenza nello stato di
non deprivazione. A parita' di altre condizioni, il passaggio
dall'occupazione alla cassa integrazione non ha avuto effetto
sull'entrata in deprivazione. Cio' contribuisce a spiegare
perche' l'indicatore di deprivazione, pari al 15,3 per cento, sia
rimasto stabile rispetto al 2008. Tra il 2008 e il 2009 crescono
le famiglie indifese nel far fronte a spese impreviste (dal 32 al
33,4 per cento in media), quelle in arretrato col pagamento di
debiti diversi dal mutuo (dal 10,5 al 13,6 per cento di quelle
che hanno debiti) e quelle che si sono indebitate (dal 14,8 al
16,4 per cento).
(Wel/ Dire)