UNA CASA PER BIMBI: 'MIRACOLO' DEI VOLONTARI IN KOSOVO
LA COMUNITA' ACCOGLIE ROM, KOSOVARI, MINORI DISABILI.
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 12 lug. - Tutto comincia nel
1999, a ridosso della guerra, quando un gruppo di volontari
italiani della Caritas Umbria arriva in Kosovo per fornire la
prima assistenza di rito.
Due di loro, undici anni dopo, sono ancora li'. Cristina e
Massimo, nel frattempo, si sono sposati e hanno creato un centro
di accoglienza per i bambini del villaggio di Raduloc e dintorni,
prevalentemente kosovari e rom. Si tratta di una zona a
maggioranza cattolica, pure se tra i 40 ospiti di Casa Zlokucane
ci sono dei musulmani. Il primo bambino e' arrivato nel 1999,
dopo essere stato abbandonato dai genitori. Da quel momento nella
frazione di Klina l'attivita' dei volontari della Caritas umbra
ha subito un'impennata. Gli ospiti giungono tramite i servizi
sociali, le famiglie, gli amici, ma anche da soli, come ha fatto
Sadam nel 2008. Rimasto orfano a dieci anni ha chiesto
accoglienza. Ora lo si vede tenere in braccio il figlio piu'
piccolo di Massimo e Cristina, Lorenzino, come se fosse un
fratello maggiore.
"L'80 % dei nostri ragazzi ha un eta' che va dai pochi mesi ai
sedici anni, ma abbiamo anche altri ospiti piu' grandi che hanno
problemi di disabilita', piu' o meno evidenti", sottolinea Carlo,
ingegnere trentenne, che da circa un anno si dedica a tempo pieno
al volontariato. È il caso di Rusten che ha 21 anni, ma sembra
ancora un bambino. L'ultimo arrivato, invece, ha tre anni e ha
trascorso quasi tutta la sua vita in ospedale, dopo essere stato
abbandonato dai genitori perche' affetto da spina bifida.
Necessita ora di trattamenti riabilitativi che probabilmente
verranno forniti all'Ospedale Bambin Gesu' di Roma. In casi come
questi, interviene di solito la cooperazione italiana attraverso
il Ministero degli Esteri che si coordina con il Cimic
(Civil-Military Cooperation).
Questa piccola comunita', completamente autosufficiente, vive
grazie alle donazioni e al lavoro svolto da tutti
quotidianamente. Nessuno percepisce stipendio. "Abbiamo un
terreno di circa 20 ettari da coltivare, che ci e' stato donato
dalla municipalita'; legna da tagliare; una casa da gestire; i
bambini da mandare a scuola e altre 250 famiglie del luogo a cui
prestare assistenza", spiega Carlo. Si capisce, quindi, perche'
le giornate inizino all'alba. Si comincia preparando la colazione
e si va avanti con la pratica quotidiana del "Buongiorno"; un
momento di riflessione collettivo che avviene a tavola, prendendo
spunto da una lettura a scelta. Alle 8 ognuno inizia la propria
attivita', lavorativa o scolastica, a seconda dell'eta', che
prosegue fino alle 19 e termina con le preghiere di rito, anche
questo un momento comunitario, di raccoglimento o di riflessione,
che ognuno, musulmano o cattolico, vive come vuole. Distinguere
nazionalita' ed etnie in questo microcosmo risulta
particolarmente difficile sia per l'insieme di colori e di tratti
somatici, sia per l'alternarsi di nomi che portano traccia
dell'influenza slava, musulmana, ma anche italiana. E cosi'
incontriamo una Driita e una Poska, ma anche un Paolino e un
Besart, traduttore ufficiale e factotum della casa, definito
ironicamente "un kosovaro che sembra un milanese".
(Wel/ Dire)
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