DEPOSITATO ALLA GRANDE CAMERA PER IL RIESAME DEL DIVIETO.
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 3 feb. - "Il governo italiano,
in data 29 gennaio 2010, ha depositato ricorso alla Grande Camera
per il riesame della decisione del 3 novembre 2009 (caso Lautsi
contro Italia - ricorso n° 30814/06) con cui la Corte europea dei
diritti dell'uomo ha ritenuto che l'esposizione del crocifisso
nelle aule della scuola pubblica concretizzi violazione
dell'articolo 2, del Protocollo 1, della Convenzione europea dei
diritti dell'uomo (diritto all'istruzione), valutato
congiuntamente con l'articolo 9, che tutela la liberta' di
pensiero, coscienza e religione".
Cosi' in una nota di Palazzo Chigi. "Come e' stato ampiamente
pubblicizzato dai media- si legge- i giudici di Strasburgo hanno
ritenuto un dovere dello Stato quello alla neutralita'
confessionale, con ricaduta espressa nel campo dell'educazione
pubblica obbligatoria, ove la presenza ai corsi e' richiesta
indipendentemente dal credo religioso ed e' mirata alla
formazione di un pensiero critico nel discente. La decisione
risulta aver creato perplessita' e sconcerto, non solo in Italia".
Secondo la Corte, "l'obbligo all'esposizione del simbolo della
confessione cristiana limita non solo il diritto dei genitori ad
educare secondo le loro convinzioni i figli, ma anche il diritto
degli alunni di credere in altre confessioni o di non credere
affatto". Con il ricorso, il governo italiano "ha dubitato della
decisione, come corretta interpretazione ed applicazione della
Convenzione, per la liberta' riconosciuta dalla giurisprudenza
europea alla regolamentazione nazionale sulle questioni
religiose. E' stata rilevata l'inesistenza di una interpretazione
condivisa del principio di laicita' dello Stato".
La pronuncia, prosegue la nota di Palazzo Chigi, e' stata
considerata "contrastante con la giurisprudenza della stessa
Corte in materia (decisione Leyla Sahin contro Turchia del 10
novembre 2005). Inoltre, ricordate le persistenti difficolta'
interpretative a livello europeo circa le implicazioni concrete
derivanti dall'applicazione del principio di laicita' dello
Stato, si e' fatto riferimento al margine di apprezzamento
riconosciuto ai singoli Stati, in considerazione delle differenze
di approccio al tema religioso".
Un ulteriore motivo di censura ha, poi, riguardato
"l'interpretazione del concetto di neutralita' confessionale
dello Stato che, secondo il Governo italiano, non si risolve
nell'adozione di un atteggiamento agnostico o ateo, ma implica lo
sforzo volto a conciliare al meglio le differenze religiose".
Il governo ha sottolineato, inoltre, che "la tesi accolta dalla
Corte - secondo cui l'esposizione del crocifisso in aula puo'
rivelarsi incoraggiante per alcuni allievi che a quella religione
aderiscono, ma emotivamente "inquietante" per allievi che
professano altre religioni o che non ne professano alcuna -
finisce per riconoscere un diritto alla protezione di
sensibilita' piu' o meno soggettive con relativa, grave
incertezza giuridica".
A completamento dei motivi si e' "evidenziato un travisamento
dei fatti in cui sarebbe incorsa Corte, attribuendo la scelta di
esporre il crocifisso alla direzione della scuola, mentre, nel
caso di specie, si era trattato di un obbligo giuridico previsto
dalla normativa nazionale e solo confermato o rafforzato da una
conforme votazione all'interno delle istituzioni scolastiche
all'esito di uno specifico dibattito".
Ove un apposito collegio di cinque giudici della Corte
ritenesse di rinviare il caso alla Grande Camera, si legge
ancora, "quest'ultima costituita da diciassette giudici e
composta di diritto dal presidente, dai vice-presidenti della
Corte ed i presidenti di sezione, oltre, fra gli altri, al
giudice italiano, potrebbe decidere nei prossimi mesi,
riesaminando il caso alla luce dei rilievi del governo".
(Wel/ Dire)