"IL 25% DEI RAGAZZI PROVIENE DA ADOZIONI O DA AFFIDI FAMILIARI".
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 3 feb. - Meno orfani e ragazzi
provenienti da situazioni di poverta' materiale e piu' minori con
sofferenza psichica. Sono cambiati negli ultimi venti anni gli
ospiti delle comunita' familiari di Roma e del Lazio, riunite in
queste ore a convegno nella Capitale per fare il punto sulle
nuove sfide che i cambiamenti della societa' impongono:
concentrarsi meno sugli aspetti assistenziali e piu' su quelli
della sofferenza psichica e della relazione. Il primo convegno
regionale dell'Unione delle comunita' familiari per minori di
Roma e del Lazio, a cui aderiscono circa 70 realta' parte, parte
dunque, da questa premessa: i cosiddetti "ragazzi difficili", che
la letteratura scientifica definisce "al limite" o "border line",
presentano sintomi che non sono tanto da "rieducare" negli
effetti, ma da "curare" nelle cause.
"Il nostro lavoro in questi anni e' quello di cercare di uscire
da quell'approccio esclusivamente educativo o rieducativo per
ragionare sulle caratteristiche proprie dei minori che arrivano
in comunita' negli ultimi anni - spiega il presidente dell'Unione
delle comunita' di tipo familiare di Roma e Lazio, Gianni Fulvi -
Ci sono meno ragazzi che hanno perso i genitori o provenienti da
situazione di indigenza e piu' minori con forti deprivazioni
affettive". Un aspetto, quest'ultimo che ha costretto le
comunita' a rivedere il proprio approccio. "Nel corso degli anni
abbiamo assistito a comportamenti sempre piu' complessi -
prosegue Fulvi - che presentano sintomi di forte aggressivita' o
di rifiuto". La prima reazione da parte delle comunita' e' stata
quella di creare strutture sempre piu' piccole, che ricreassero
ambienti piu' familiari e somigliassero sempre meno agli
istituti. Ma e' stata necessaria anche "una crescita formativa da
parte delle comunita'" e un collegamento con il cosiddetto mondo
"psi": psicologia, psichiatria e psicoanalisi.
Ma chi sono esattamente i minori accolti nelle comunita' di
Roma e del Lazio? "Oggi circa il 25% e' composto da adolescenti e
pre-adolescenti provenienti da affidi familiari o da adozioni
nazionali e internazionali - risponde Fulvi. - C'e' un errore a
monte: - precisa - il non aver valutato bene il grado di
sofferenza di questi minori e il pensare che, una volta inseriti
in un contesto familiare, potessero magicamente guarire". La
stragrande maggioranza dei minori accolti, inoltre, continua ad
essere di nazionalita' italiana. Infatti, l'aumento dei minori
stranieri nati in Italia o arrivati nel nostro paese da soli o
con le famiglie riflette l'incremento degli immigrati residenti -
precisa il presidente dell'Unione delle comunita' di Roma e del
Lazio. Infine - spiega Fulvi - "tra le comunita' che aderiscono
all'Unione ci sono anche quelle che accolgono donne e bambini, il
50% delle quali costituite da madri straniere. Anche in questo
caso si pensava che il problema fosse solo di tipo materiale, ma
ci siamo dovuti ricredere - precisa. - Spesso queste famiglie
presentano psicopatologie piuttosto gravi".
Insomma - tira le conclusioni Fulvi - "ci siamo accorti che nelle
nostre strutture non potevamo dare soltanto un aiuto di tipo
materiale e assistenziale, ma era necessario un di piu': dovevamo
chiedere aiuto alla scienza". Ma questo e' solo l'inizio. "Se
fino a questo momento abbiamo ragionato prevalentemente
sull'aspetto organizzativo che ci differenziava dai grandi
istituti ora dobbiamo riflettere su come creare le relazioni
all'interno delle comunita'".
(Wel/ Dire)