(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 3 dic. - Fino a che punto si
tollera che i bambini piu' svantaggiati rimangano indietro? E'
questa la domanda a base della Report Card 9 del Centro di
ricerca Innocenti dell'Unicef che si presenta oggi a Roma con il
titolo "Bambini e adolescenti ai margini". Vi si fotografa,
mettendola a confronto, la realta' di 24 stati Ocse: una
panoramica delle disuguaglianze nel benessere dei bambini in
alcuni dei paesi piu' ricchi del mondo.
Tre i parametri presi in esame: il benessere materiale,
l'istruzione e la salute. Il rapporto si concentra sul divario
relativo esistente tra i bambini che si trovano nella fascia
media in quanto a tenore di vita (quelli che rappresentano lo
standard "normale" per ogni paese) e quelli che sono piu'
svantaggiati. Emerge che pochi paesi - Danimarca, Finlandia,
Paesi Bassi e Svizzera - figurano in prima linea nel promuovere
l'uguaglianza nel benessere e ridurre il divario. Grecia, Italia
e Stati Uniti, invece, tollerano disuguaglianze piu' accentuate
rispetto alla media dei paesi Ocse. Tuttavia, tutti i paesi hanno
margini di miglioramento per promuovere una maggiore equita'
nella distribuzione del benessere dei bambini.
Politiche di equita'. C'e' un punto oltre il quale rimanere
indietro non e' inevitabile ma politicamente evitabile, non solo
disuguaglianza ma iniquita'? Il rapporto mostra numerosi esempi
in cui i paesi meglio classificati negli indicatori di benessere
dell'infanzia si classificano meglio anche nella riduzione della
disuguaglianza. Pertanto, si sostiene, "si puo' ottenere una
maggiore equita' senza sacrificare efficienza e prestazioni
economiche. Equita' ed efficienza possono rafforzarsi a vicenda".
E' la societa' giusta, argomenta il rapporto, la chiave di
volta per la riduzione significativa delle disuguaglianze: quella
in cui, secondo il filosofo americano John Rawls, le regole sono
state elaborate a vantaggio della societa' nel suo complesso.
Solo questa e' in grado di includere "coloro che meno sono in
grado di realizzare il proprio potenziale e di sviluppare ed
esercitare le proprie capacita'", secondo la definizione di
persone svantaggiate suggerita dall'economista Amartya Sen.
La Report Card presentata oggi vuole portare un contributo in
questa direzione, partendo dalla premessa che "la reale misura
della situazione di una nazione e' il modo in cui questa si
prende cura dei suoi bambini e dei suoi adolescenti" e che
"proteggere i bambini durante gli anni cruciali e vulnerabili
dello sviluppo e' il segno di una societa' civile e anche il
mezzo per costruire un futuro migliore".
Fare presto. Dal rapporto Unicef l'appello a intervenire
presto. Perche' i bambini che rimangono indietro iniziano a farlo
sin dai primissimi stadi della loro vita. Durante la gravidanza e
nelle prime settimane e mesi di vita, le fasi critiche nello
sviluppo mentale e fisico del bambino si susseguono rapidamente,
ogni fase serve come base per la successiva. Qualsiasi carenza
mette a rischio le successive fasi di crescita e sviluppo. "Lo
svantaggio nelle prime fasi della vita puo' modellare la
neurobiologia del bambino e avviare un processo che, una volta
iniziato, tende ad auto-consolidarsi. In particolare, e' nello
sviluppo cognitivo che il bambino svantaggiato rischia di pagare
il prezzo piu' alto. All'eta' di due anni il ritardo cognitivo
puo' essere misurato, entro i primi quattro anni gran parte del
danno potenziale puo' essere gia' stato fatto".
Vantaggio globale. L'opportunita' di intensificare gli sforzi
per evitare che i bambini rimangano indietro, e per intervenire
il piu' presto possibile nella vita del bambino, e' ben
sintetizzata da James Heckman, premio Nobel ed economista
dell'Universita' di Chicago, citato nel rapporto: "Gli interventi
precoci in favore dei bambini svantaggiati hanno un rendimento
molto maggiore rispetto a quelli successivi, quali la riduzione
del rapporto allievi insegnante, le iniziative pubbliche di
formazione professionale, i programmi di riabilitazione dei
detenuti, le sovvenzioni scolastiche, o la spesa per le forze di
polizia".
(Wel/ Dire)