(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 9 dic. - La crisi sinora non ha determinato il temuto tracollo sociale generalizzato. Tra i fattori strutturali dell'italian way of life, che la crisi ha finito per esaltare, vanno ricordati il basso indebitamento privato, la propensione al risparmio e all'accumulazione di ricchezza reale, le garanzie di tutela del welfare grazie all'ampiezza della copertura pubblica. In piena crisi, il 71,5% delle famiglie dichiara che il reddito mensile e' sufficiente a coprire le spese mensili; la quota sale al 76,7% al Nord-Ovest, a quasi il 79% al Nord-Est, al 71% al Centro, mentre al Sud scende al 63,5%. Maggiori difficolta' hanno incontrato le famiglie monogenitoriali (circa il 39% ha avuto difficolta' nel coprire le spese mensili con il proprio reddito) e quelle residenti nei Comuni tra 10 mila e 30 mila abitanti (32,9%). E' quanto emerge dal rapporto annuale del Censis, presentato a Roma. Il 28,5% delle famiglie che ha avuto difficolta' a coprire le spese mensili con il proprio reddito ha fatto ricorso a una pluralita' di fonti alternative, con una miscela che si e' dimostrata efficace. Il 41% ha fatto ricorso a risparmi accumulati in passato, in oltre un quarto delle famiglie uno o piu' membri hanno svolto qualche lavoretto saltuario per integrare il reddito familiare, oltre il 22% ha utilizzato la carta di credito per rinviare al mese successivo i pagamenti, il 10,5% si e' fatto prestare soldi da familiari, parenti, amici, mentre l'8,9% ha fatto ricorso ai prestiti di istituti finanziari e il 5,1% ha acquistato presso commercianti che fanno credito. Tagliare gli sprechi e', secondo una netta maggioranza delle famiglie, il fulcro decisivo della propria azione in questi mesi: un vero e proprio ripensamento di massa sugli stili di vita, con una accettata sugli eccessi che si sarebbero accumulati nei consumi. La conferma giunge dai dati di un'indagine Censis secondo la quale oltre l'83% delle famiglie italiane negli ultimi 18 mesi ha modificato le proprie abitudini alimentari; di queste, la quota preponderante (quasi il 44%) ha modificato poco, il 32,2% ha modificato abbastanza, quasi il 7% molto. Di estremo interesse e' il contenuto dei cambiamenti, perche' il 40% dichiara di avere contenuto gli sprechi, e il dato e' piuttosto alto tra i residenti nei Comuni piu' grandi, con piu' di 100 mila abitanti (46,4%), tra le coppie senza figli (46,2%) e famiglie unipersonali (42,8%), tra gli occupati (44,2%), i 45-64enni (45%) e le persone con piu' alto titolo di studio (il 43,5% tra i diplomati e il 42,6% tra i laureati). L'altro cambiamento riguarda, invece, il fare dipendere in misura maggiore i propri consumi dalla ricerca dei prezzi piu' convenienti, segnalato dal 39,7% delle famiglie intervistate, praticato soprattutto dai residenti al Centro (43,9%) e da quelli nei Comuni di dimensione intermedia (43,9%). Altra strategia razionalizzatrice praticata da quasi il 35% delle famiglie consiste nell'eliminare dal budget alcuni prodotti specifici che pesano troppo: a farlo sono in particolare gli anziani (46%). Esiste poi una dimensione psicologica della crisi che non e' certo neutrale: il 36% degli italiani ha dichiarato di avere subito in questi ultimi 18 mesi maggiore stress (con insonnia, litigiosita', ecc.) per aspetti legati alla crisi (difficolta' lavorative, di reddito, ecc.), quota che sale a quasi il 53% tra le persone con reddito piu' basso, al 49% tra i residenti nel Nord-Est, al 43% circa tra i 30-44enni, al 42,3% tra i residenti nei Comuni tra 100 mila e 250 mila abitanti, intorno al 40% tra i possessori di titoli di studio piu' bassi. Riguardo al futuro, si legge sempre nel rapporto annuale del Censis, e' da un'indagine su un campione di famiglie del ceto medio realizzata nel novembre 2009 che emergono indicazioni su quali siano, nel sociale e nell'economico, i soggetti che piu' devono essere aiutati per favorire la ripresa. Le famiglie con figli (49,7%) e i giovani (48,8%), piuttosto che gli anziani (21,8%), dovrebbero essere nel sociale i destinatari della quota piu' alta di risorse, visto che sono stati anche tra i piu' penalizzati dalla crisi. In economia, invece, oltre il 33% del campione ritiene importante aiutare la piccola impresa, di contro a meno del 5% che richiama la necessita' del supporto alle grandi imprese. Dalla stessa indagine e' poi emerso che, per liberare energie per trascinare la ripresa, il 57,7% delle famiglie del ceto medio ritiene indispensabile ridurre le tasse ai lavoratori dipendenti, mentre e' poco piu' del 42% la quota di quelle convinte, invece, che solo la riduzione di tasse e oneri gravanti sulle imprese (come, ad esempio, la progressiva abolizione dell'Irap) favorira' la ripresa. (Wel/ Dire)