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Sudan, governo e ribelli siglano pace dopo 17 anni di conflitto

Il primo ministro del Consiglio sovrano di transizione, Abdalla Hamdok, e i leader dell'Srf, si sono incontrati ieri a Juba, alla presenza del presidente sudsudanese Salva Kiir

Pubblicato:31-08-2020 17:12
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:48

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ROMA – Il governo del Sudan ha siglato un accordo di pace con l’alleanza di gruppi armati del sud, un passo che mira a porre fine a 17 anni di conflitto che ha causato oltre 300.000 morti nel Paese. Come riporta l’agenzia di stato Suna, a firmare la pace con l’esecutivo di Khartoum e’ stato il Sudan revolutionary front (Srf), un fronte che riunisce milizie armate appartenenti agli stati regionali del Darfur occidentale, di Kordofan meridionale e di Nilo azzurro.

Il primo ministro del Consiglio sovrano di transizione, Abdalla Hamdok, e i leader dell’Srf, si sono incontrati ieri a Juba, alla presenza del presidente sudsudanese Salva Kiir: il governo del Sud Sudan ha offerto infatti un “territorio neutro” alle parti affinche’ potessero discutere gli ultimi dettagli e infine siglare l’intesa, e una cerimonia ufficiale e’ stata fissata per oggi. “Dopo la ‘Dichiarazione di Juba’ di settembre, tutti si aspettavano che la pace sarebbe stata firmata entro due o tre mesi, ma poi ci siamo resi conto che i nodi da sciogliere erano molto complessi”, ha dichiarato il premier Hamdok, motivando cosi’ i tempi lunghi dell’intesa, che ha definito come “l’inizio della costruzione della pace”. Il testo definitivo regola diverse questioni tra cui la condivisione del potere, l’amministrazione delle terre, della giustizia e della sicurezza. Di particolare rilevanza e’ il tema delle popolazioni che hanno dovuto lasciare le proprie case per sfuggire alle violenze, e che ora potranno tornare, nonche’ il disarmo delle milizie e il conseguente inserimento dei combattenti nell’esercito regolare sudanese.

Il Sudan Revolutionary front ha visto la luce nel 2011, riunendo fazioni gia’ attive a vari anni nel sud del paese. Le popolazioni del Darfur in particolare, in prevalenza di etnia non araba, a partire dal 2003 hanno subito violenze da parte delle forze dell’allora presidente Omar Al-Bashir, che ora attende di essere processato per genocidio dalla Corte penale internazionale. A questo si sono aggiunti strascichi della guerra civile del 1983-2005, con la formazione di milizie avverse al governo centrale negli stati di Kordofan meridionale e di Nilo azzurro. Stando alle stime delle nazioni Unite, circa 300.000 mila persone hanno perso la vita nel conflitto interno. Dopo il rovesciamento del generale Bashir, il governo di transizione – che si e’ formato ad agosto dello scorso anno – ha fatto della pace con le regioni meridionali una priorita’. 


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