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Legionella, Spallanzani Roma: “Esiste ovunque, ma casi sporadici”

Dopo il clamore degli ultimi giorni è bene chiarire alcuni aspetti e, soprattutto, le modalità del contagio, così da evitare un'inutile psicosi collettiva

Pubblicato:31-07-2018 07:53
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:25

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ROMA – È arrivato quasi a 50 il numero delle persone che hanno contratto il batterio della legionella. Il batterio che ha colpito i cittadini, soprattutto anziani, del comune di Bresso per poi estendersi anche nel milanese. Dopo il clamore degli ultimi giorni è bene chiarire alcuni aspetti e, soprattutto, le modalità del contagio, così da evitare un’inutile psicosi collettiva. L’agenzia Dire ha intervistato Nicola Petrosillo, infettivologo dell’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma.

– Sale il numero dei casi di persone contagiate dal batterio della legionella in Lombardia. C’è il rischio che l’infezione si estenda ad altre località o regioni?

“L’informazione probabilmente non è stata sufficientemente chiara, mi spiego, la legionella è ubiquitaria. E’ un microrganismo che si trova sia nelle acque naturali che artificiali e nei sistemi idrici. Certo- precisa l’infettivilogo- ce ne può essere di più o di meno, ma è comunque presente in tutte le acque. Il problema sussiste quando vi siano dei sistemi idrici particolarmente contaminati. E’ in quel punto allora aumenta la concentrazione di legionella, che una volta dispersa nell’ambiente, attraverso l’acqua, viene areosolizzata”. Questo batterio può colpire, secondo il medico, “soprattutto persone immunocompromesse come anziani e persone con malattie concomitanti, tipo i cardiopatici, i cronici e i soggetti con neoplasie, o ancora i fumatori che sono affetti da problemi polmonari. La causa- aggiunge Petrosillo- è legata a una fonte comune, come avviene in tutte le epidemie. La diffusione deriva dalla carica di legionella e dalla tipologia di persone, ad esempio gli anziani e non sicuramente i giovani in buona salute. Il target maggiormente colpito, oltre i pazienti anziani, è quello di soggetti affetti da comorbosità, che possono riportare una mortalità più elevata”. Per completare il quadro, l’infettivologo ricorda che “la legionella esiste dappertutto, ma i casi sono sporadici. Dato che emerge dal Seresmi, una struttura istituita dalla Regione Lazio presso l’Istituto Spallanzani con il compito di sorvegliare tutte le malattie infettive, compresa la legionellosi”.


– Sappiamo che l’infezione viene contratta per inalazione di batteri dispersi nell’acqua, che contengono una quantità sufficiente di legionelle. È accertato che non può verificarsi uno scambio interumano?

“Assolutamente non è stata mai dimostrata la trasmissione da uomo a uomo”, assicura Petrosillo, infettivologo dell’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma. “Tanto è vero che questi pazienti non vengono messi in isolamento perchè non c’è trasmissione interumana. Non c’è pericolo che i soggetti infetti possano contagiare individui sani. Il microrganismo è nell’acqua come in piscine, sistemi di condizionamento, idrici e deumidificatori. Questi organismi però sopravvivono molto bene tra i 28 e i 40 gradi, cioè temperature come quelle che abbiamo in questi giorni”.

– Quali i principali sintomi che devono spingere a recarsi al Pronto soccorso?

“In genere la legionella origina una polmonite e la sintomatologia che produce è febbre, tosse, può causare cefalea e, nell’anziano, anche uno stato di confusione generale. Se la febbre non si risolve in tre giorni, al massimo 6- sottolinea il medico- il paziente va subito portato al Pronto Soccorso perchè potrebbe aver contratto una infezione di questo tipo”.

– Quanto dura l’incubazione e la malattia stessa? E quali i target più a rischio?

“Il target più a rischio è quello degli anziani e dei soggetti con patologie concomitanti. Ad esempio, può colpire anche giovani quarantenni che hanno avuto il tumore o immunodepressi. L’incubazione è variabile da 2 a 10 giorni- sottolinea il medico- ma ci sono forme più persistenti che possono richiedere il ricovero e trattamento in terapia intensiva”.

– Che cure esistono ad oggi e quanto sono efficaci?

“Innanzitutto bisogna dire che la diagnosi è abbastanza semplice. Lo specialista deve solo pensarci e richiedere un campione di urine. La terapia è basata su antibiotici specifici nati proprio per questa patologia. Più velocemente è somministrato l’antibiotico, più veloce è la prognosi. La precocità del trattamento antibiotico è fondamentale- conclude Petrosillo- per scongiurare l’aggravarsi del quadro clinico e nei casi più critici il decesso”.

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