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Sos ghiacci, l’Artico in pericolo (anche) per l’Atlantificazione

La combinazione dei dati dei satelliti ha finora mostrato come la riduzione di ghiaccio dell’inverno 2020-2021 sia la più massiccia da dieci anni a questa parte

Pubblicato:31-05-2021 11:28
Ultimo aggiornamento:31-05-2021 11:28

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ROMA – I ghiacciai dell’Artico sono un termometro per misurare la salute del pianeta Terra. È lì che i cambiamenti climatici si mostrano con la loro irruenza e inarrestabilità. Anche per questo l’Artico è sorvegliato dall’alto dai satelliti dell’Agenzia spaziale europea (Esa) che misurano estensione,  spessore  e variazioni dei ghiacci nel corso del tempo, cercando di prevederne l’evoluzione. L’ultima scoperta fatta grazie ai satelliti Smos e CryoSat è che l’arrivo di acqua più calda dall’oceano Atlantico ostacola la formazione del ghiaccio ‘nuovo’ durante l’inverno. 

Sappiamo che la quantità di ghiaccio presente in Artico raggiunge la sua estensione massima in marzo, mentre in settembre raggiunge il minimo annuo dopo gli scioglimenti estivi. Normali cambiamenti stagionali, a cui però adesso si aggiunge il fattore ‘acqua calda’ dell’oceano adiacente che ne aumenta la vulnerabilità, aggravando quella dovuta ai cambiamenti climatici che colpiscono duro in quest’area sensibile del pianeta. 

I dati raccolti dai satelliti- spiega l’Agenzia spaziale europea (Esa)- sono stati utilizzati per uno studio pubblicato recentemente su Journal of Climate, che mostra i cambiamenti del volume di ghiaccio in Artico tra il 2002 e il 2019. In sostanza, la teoria da cui si partiva era quella secondo cui il ghiaccio perso durante gli scioglimenti estivi, anche massicci, si sarebbe potuto ri-formare in inverno contando sul fatto che il ghiaccio sottile aumenta più rapidamente di quello spesso. Di fatto, meno ghiaccio c’era all’inizio della stagione fredda più rapidamente si ri-formava in inverno. Così è stato per decenni. Invece, le recenti scoperte hanno dimostrato che il calore che arriva dalle acque atlantiche sopprime quest’effetto e riduce il volume di ghiaccio che può rigenerarsi in inverno. Quindi, di fronte a estati particolarmente calde il sistema va in difficoltà. Il ghiaccio, in inverno, non si ri-forma più. Questo processo è stato battezzato ‘Atlantificazione’: significa che le acque calde dell’Atlantico, dopo aver raggiunto latitudini più alte, causano il picco di diminuzione del ghiaccio. 


Sea-ice thickness April 2021 compared to April 2011 20 average Copyright ESA AWI

I firmatari dello studio, primo dei quali è il tedesco Robert Ricker, sottolineano che se l’estate è calda e l’inverno molto rigido, il ghiaccio in acqua è molto meno resiliente. Questo li spinge a chiedere di proseguire con il monitoraggio sull’ Artico, perché quello che hanno riscontrato potrebbe estendersi anche ad altre regioni.

L’idea è anche quella di usare i satelliti per fare delle previsioni sui ghiacci artici, combinando quelli di CryoSat- che è stato determinante per trovare le prove dell’Atlantificazione- con i dati di Smos, acronimo di Soil moìstur Moisture and Ocean Salinity. Di fatto, la combinazione dei loro dati ha finora mostrato come la riduzione di ghiaccio dell’inverno 2020-2021 sia la più massiccia da dieci anni a questa parte. La nuova frontiera dell’osservazione è quindi quella di sfruttare i dati dei satelliti e renderli utili tanto alle previsioni per il meteo e che a quelle per il clima.

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