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‘I ricami del guerriero’, ecco come sono stati restaurati i tessuti del IV secolo a.C.

Si tratta di frammenti di tessuti decorati appartenenti al corredo di un nobile guerriero daunio: straordinario intervento dell'Iscr

Pubblicato:31-05-2016 09:52
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:48

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iscr ricami guerriero

ROMA –  Il ritrovamento di tessuti in contesti archeologici antichi suscita sempre grande sorpresa. Se poi si tratta di stoffe riccamente decorate, allora si ha la certezza di trovarsi davanti a una vera rarità. Lo sono di certo ‘I ricami del guerriero‘, frammenti di tessuti decorati appartenenti al corredo di un nobile guerriero daunio, che rappresentano una straordinaria scoperta e un altrettanto straordinario intervento eseguito dalle mani sapienti delle restauratrici dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr). È qui che oggi il direttore Iscr, Gisella Capponi, insieme a Luigi La Rocca, a capo della Soprintendenza Archeologia della Puglia, e a Ruth Theus Baldassarre, responsabile Cultura dell’Ambasciata della Confederazione Svizzera, hanno illustrato il ritrovamento del corredo e il delicato intervento di restauro eseguito.

IL RITROVAMENTO – I ‘ricami del guerriero’ appartengono alla tomba 382, indagata nel 2012 dalla Soprintendenza Archeologia della Puglia insieme a un’analoga tomba a fossa, nella necropoli in contrada Cavallerizza, nell’area dell’abitato daunio a nord est della città romana di Herdonia, vicina al moderno abitato di Ordona (Foggia). La tomba era destinata all’inumazione di un uomo di circa 30-35 anni, personaggio di rango dell’emergente organizzazione gentilizia dei decenni iniziali del secolo IV avanti Cristo, per l’evidente significato simbolico-culturale della struttura funeraria e del corredo. L’apparato funerario si è solo in parte conservato come corredo d’accompagno e corredo personale, a causa dello scavo clandestino che ha alterato il piano della deposizione. Si sono però fortunatamente salvati dalla depredazione alcuni oggetti del corredo di grande interesse, anche per l’eccezionale conservazione del materiale organico. La sepoltura del nobile daunio era dotata di una panoplia complessa con armi offensive e difensive – quali una spada di ferro a lama retta con guardamani a crocera ed elsa rivestita da placchette di avorio – di ben sette cinturoni, parzialmente conservati, che non erano indossati ma distesi e avvolti da panni. Il tessuto, forse un mantello o un più semplice drappo, con bordo ‘ricamato’, avvolgeva quindi il set da parata nella parte delle lamine dei cinturoni, secondo un rituale che enfatizzava la funzione dei cinturoni come insegna di rango.


IL RESTAURO – Dopo il prelievo dal sito, l’intero corredo è stato sottoposto ad analisi e a intervento conservativo presso i Laboratori dell’Iscr per stabilizzare le condizione dei reperti ed effettuare indagini riguardo alle tecniche esecutive e ai materiali costitutivi, in particolare degli straordinari tessuti ricamati. In laboratorio è stato eseguito il microscavo di alcuni piccoli pani di terra contenenti strati alternati di lamine di bronzo e tessuti, nel corso del quale sono stati prelevati i reperti e registrati puntualmente i dati archeologici. Tale operazione ha permesso l’individuazione di diverse tipologie di motivi decorativi realizzati. I tessuti saranno esposti al pubblico in climabox appositamente costruiti per garantire la conservazione ottimale. All’interno di queste teche sigillate, i materiali saranno tenuti a una umidità relativa controllata del 40%, ottenuta e resa stabile dagli appositi dispositivi di regolazione igrometrica. I settanta frammenti appartengono a un tessuto di lana pigmentato marrone, caratterizzato da un’armatura a saia; la decorazione era invece realizzata con filato di lino. Lo studio, condotto nel corso dell’intervento conservativo, ha permesso di riscontrare l’impiego di numerosi punti, molti dei quali di uso corrente nel cucito e nel ricamo, e l’utilizzo di numerosi motivi decorativi, caratterizzati da un andamento geometrico, continuo e ripetitivo, come nel caso di diverse varianti del motivo a meandro, a eccezione di un unico elemento fitomorfo. Il restauro, guidato da Maria Concetta Laurenti, è stato reso possibile grazie al contributo dell’Ufficio Federale della Cultura della Confederazione Svizzera e ai fondi derivanti dai Proventi Gioco Lotto erogato dal ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo.

L'”ENIGMA” DELLA TECNICA ESECUTIVA DELLA DECORAZIONE – Date le condizioni di fragilità dei reperti tessili, in parte mineralizzati (nei quali la componente organica è parzialmente o totalmente sostituita dai minerali presenti nell’ambiente di giacitura) e anche a causa delle difficoltà di operare dei confronti (pochissimi sono infatti gli esempi affini per periodo storico, area geografica e complessità esecutiva) non è stato possibile identificare con certezza come siano stati realizzati gli ornamenti in lino. I decori potrebbero infatti essere realizzati con due diverse tecniche esecutive, entrambe attestate in antico: il ricamo ad ago e la tecnica dei ‘fili liberi’. Nel ricamo la decorazione è ottenuta passando, con l’ausilio di un ago, un filo attraverso un tessuto precedentemente realizzato, seguendo il disegno stabilito. Nel secondo caso secondo, il decoro è ottenuto nel corso della tessitura, con i ‘fili liberi’, ovvero una trama supplementare che si aggiunge alla trama e all’ordito di base. Gli indizi raccolti nel corso del restauro non riescono a sciogliere il dilemma: siamo in presenza di un raffinato ricamo o di una tessitura tecnicamente avanzata?

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