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Inaugurata al Museo di Capodimonte di Napoli la mostra “Oltre Caravaggio”

Nelle 24 sale del secondo piano in esposizione 200 opere provenienti tutte dalle collezioni permanenti del museo, senza prestiti esterni

Pubblicato:31-03-2022 17:54
Ultimo aggiornamento:31-03-2022 17:57
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NAPOLI – Inaugurata la mostra “Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli” (dal 31 marzo 2022 al 7 gennaio 2023), a cura di Stefano Causa, docente di Storia dell’arte moderna e contemporanea presso l’università degli studi di Napoli Suor Orsola Benincasa e Patrizia Piscitello, responsabile ufficio mostre e prestiti del Museo e Real Bosco di Capodimonte. Si sviluppa nelle 24 sale del secondo piano del Museo e Real Bosco di Capodimonte, diretto da Sylvain Bellenger. In esposizione 200 opere provenienti tutte dalle collezioni permanenti del museo, senza prestiti esterni.

Una mostra, realizzata in collaborazione con le associazioni Amici di Capodimonte Ets e American Friends of Capodimonte, che si propone di rilanciare il dibattito presentando un’altra lettura del Seicento napoletano, diventato per amatori e storici il secolo di Caravaggio. I curatori della mostra, sulla base degli studi degli ultimi decenni, propongono di riconsiderare lo schema di Longhi, ormai ampiamente storicizzato, e di ripensare l’intera articolazione di un secolo che non fu solo quello di Caravaggio, ma soprattutto quello di Jusepe de Ribera, uno spagnolo arrivato a Napoli nel 1616, sei anni dopo la morte di Caravaggio.

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La mostra “Oltre Caravaggio” porta Ribera, rappresentato nelle collezioni di Capodimonte da opere sacre, mitologiche e nature morte, al centro della scena artistica napoletana. Presentare la civiltà artistica napoletana vuol dire mettere in giusto risalto gli apporti esterni e gli scambi con gli altri centri, l’invio da fuori di opere e progetti, la residenza in città degli artisti ‘forestieri’. Napoli, infatti, era ed è una grande città portuale, crocevia della vita e della cultura italiana. Nel diciassettesimo secolo era diventata una delle megalopoli più popolose del mondo, esercitando una profonda influenza sulla cultura europea. La sua storia si presenta come una ricca stratigrafia, fatta di diverse civiltà, popoli e espressioni artistiche che hanno lasciato tracce nel patrimonio artistico e monumentale. Per secoli ha subito attacchi, invasioni e distruzioni, facendo fronte a numerose catastrofi naturali: eruzioni vulcaniche, terremoti, maremoti e pestilenze.

In quest’ottica si può spiegare il ruolo centrale che hanno in questa rassegna, dedicata al XVII e XVIII secolo, lombardi come Caravaggio (1571-1610), emiliani come Giovanni Lanfranco (1582-1647), Domenichino (1581-1641) e Guido Reni (1575-1642), lo spagnolo (ma napoletano d’adozione) Jusepe de Ribera (1591-1652), i francesi Simon Vouet (1590-1649) e Pierre-Jacques Volaire (1729-1799), il bergamasco Cosimo Fanzago (1591-1678), i romani Artemisia Gentileschi (1593- 1653) e Gregorio Guglielmi (1714-1773), il belga François Duquesnoy (1597-1643), che aveva collaborato all’altare per il cardinale Ascanio Filomarino (1583-1666) nella chiesa dei Santi Apostoli, imponente macchina realizzata tra il 1638 e il 1647 dall’architetto Francesco Borromini (1599-1667), tra i principali esponenti del barocco romano.


Gli artisti napoletani traevano ispirazione da questi apporti, rielaborando in maniera del tutto personale iconografie, tagli compositivi e utilizzo delle luci, esportando il loro linguaggio in Italia e in Europa. Un esempio tra tutti è Luca Giordano (1634- 1705), che, campione della pittura barocca napoletana, viene chiamato a Venezia (1665, 1668), a Firenze (1682-83, 1685) e in Spagna (1692-1702), lasciando traccia sui pittori locali.

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