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VIDEO | La guerra in Ucraina dimezza la fiducia dei produttori italiani di macchine agricole

L'industria italiana della meccanizzazione agricola era ripartita con grande ottimismo dopo la pandemia: in un mese di guerra la fiducia è crollata e ora si teme per il rincaro delle materie prime e dei costi di produzione

Pubblicato:31-03-2022 16:39
Ultimo aggiornamento:31-03-2022 16:39

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BOLOGNA – Un mese o poco più di guerra: abbastanza per bruciare il patrimonio di fiducia accumulato nel 2021, un anno particolarmente positivo per l’industria italiana della meccanizzazione agricola, che ha beneficiato della spinta alla produzione data dalla pandemia realizzando un valore della produzione complessivo di 13,7 miliardi di euro, con una crescita di 2,2 miliardi. Cifre che, confermate da un portafoglio ordini importante, spingevano gli industriali del settore all’ottimismo. Il conflitto in Ucraina ha cambiato le carte in tavola, introducendo elementi di incertezza che potrebbero raffreddare il settore, che pure gode di una serie di incentivi e sostegni che supportano la domanda.

CROLLATA LA FIDUCIA A LIVELLO EUROPEO

L’indice della fiducia a livello europeo ha perso oltre 20 punti in un mese. Eravamo in fase boom anche in termine di sentiment, ma siamo passati dai 53 punti di inizio anno a 30 punti in 15 giorni“, spiega Alessandro Malavolti, presidente di FederUnacoma, la federazione di Confindustria che associa i costruttori di macchine agricole, chiamati oggi a Bologna, allo stadio Dall’Ara, per un Think Tank sugli effetti della guerra in Ucraina sugli assetti geopolitici ed economici.
E’ proprio per la centralità di Russia e Ucraina nella geografia delle commodity che le conseguenze economiche della crisi in Europa orientale si stanno facendo sentire a livello globale, soprattutto in quelle economie che dipendono maggiormente dalle importazioni russe e ucraine. La crisi geopolitica e le sanzioni imposte alla Federazione russa hanno accentuato quei fattori di instabilità, pressioni inflattive, interruzioni delle supply chain, movimenti speculativi, difficoltà negli approvvigionamenti, che già prima del conflitto avevano determinato vertiginosi rincari nei prezzi delle materie prime.


L’emergenza colpisce l’industria meccanica in generale e l’industria agromeccanica in particolare. “La Russia e l’Ucraina rappresentano per noi un mercato molto risicato. La cosa che mi preoccupa è cosa accadrà a livello dei prezzi e se questo provocherà un raffreddamento della domanda, che ho già annusato”, ammette Malavolti, che evidenzia diversi ordini di problemi: non solo l’impennata dei costi dell’energia, ma anche l’aumento del costo di alcune materie prime, a cominciare dalle plastiche e, soprattutto, dall’acciaio, che ha toccato incrementi del 30% e potrebbe persino iniziare a scarseggiare, visto che le acciaierie potrebbero, a causa dell’aumento della bolletta del gas, decidere di fermare la produzione.

“Il rischio principale è un ulteriore aumento delle materie prime che si scaricherà sui nostri costi di produzione e quindi sui costi delle macchine agricole. Questo, temo, raffredderà il mercato, non tanto quest’anno, ma nei prossimi anni”, avverte il presidente di Federunacoma, che invita gli imprenditori a “prendere la valigia” e a cercare nuovi mercati di sbocco per i propri prodotti. “Dobbiamo ragionare giorno per giorno, settimana per settimana. E’ impossibile fare previsioni a medio termine. Non stiamo attaccati a monitor e andiamo in giro e ad annusare aria che c’è sul mercato, in particolare in SudAmerica, Africa e alcun i paesi asiatici: mercato rognosi, ma dobbiamo toglierci la paura di rischiare. Siamo in un periodo di guerra, cerchiamo di essere uniti, flessibili e reattivi”, esorta Malavolti. “Di solito ottimista, ma in questo momento il mio ottimismo vacilla. All’orizzonte vedo due pericoli: inflazione o recessione”, avverte.

“SU PRODUZIONI ALIMENTARI EUROPA SIA AUTONOMA”

“Questa crisi innescata dalla guerra ha fatto emergere tutte le nostre fragilità. L’Europa deve diventare autonoma sulle produzioni alimetari“. E’ il monito del presidente di FederUnacoma, Alessandro Malavolti, che sprona la politica a mettere in campo, finalmente, “una politica energetica per l’industria e una politica di sicurezza alimentare per fare in modo che le nostri fonti di approvvigionamento, sia energetico, ma anche delle derrate alimentari e delle materie prime industriali, siano localizzate nel nostro continente o in paesi affini alla nostra cultura occidentale”. Insomma, l’Europa deve liberarsi dall’eccessiva dipendenza da mercati che si sono rivelati instabili, scandisce Malavolti, che ha chiamato i produttori di macchine agricole a Bologna per un Think tank che li aiuti a importare strategie efficaci per affrontare i difficili anni che si prospettano all’orizzonte.

“Ci siamo resi conto di essere fragilissimi e di avere problemi logistici. Il mercato sta andando giù, il Pil a livello globale ed europeo saranno meno positivi rispetto alle stime di un mese e mezzo fa. Abbiamo scoperto che basta che manchi un piccolo componente che andiamo in crisi. Ci sono paesi che, detenendo nicchie di mercato, se vengono a mancare mandano tutti in crisi”, osserva. E’ proprio per la centralità di questi due Paesi nella geografia delle commodity che le conseguenze economiche della crisi in Europa orientale si stanno facendo sentire a livello globale, soprattutto in quelle economie che dipendono maggiormente dalle importazioni russe e ucraine.

L’emergenza è particolarmente acuta in Europa che, come indica un report pubblicato lo scorso 16 marzo dalla società Pricepedia, importa dalla Russia una quota significativa di alluminio (5,5% del fabbisogno complessivo), rame (5,8%), nichel (15,3%) e acciaio (7% contando anche le forniture ucraine). Nel settore dell’energia la dipendenza è ancora più evidente, giacché le importazioni di gas naturale dal territorio russo superano il 35% del totale importato. La crisi geopolitica e le sanzioni imposte alla Federazione russa hanno accentuato quei fattori di instabilità, pressioni inflattive, interruzioni delle supply chain, movimenti speculativi, difficoltà negli approvvigionamenti, che già prima del conflitto avevano determinato vertiginosi rincari nei prezzi delle materie prime. Ma non ci sono solo energie e materie prime per l’industria. Anche sul fronte agricolo, il vecchio continente dovrà guadagnare una maggiore autonomia.
Per farlo dovrà aumentare la resa dei campi, accelerando i processi di meccanizzazione, che aumentano l’efficienza produttiva e consentendo anche un minor uso di fertilizzanti (di cui la Russia è uno dei principali produttori mondiali). “La comunità europea ha deciso che in maniera molto veloce che verranno liberati dal riposo 5 milioni di ettari, che potranno entrare in produzione. Dobbiamo un avere una certa autarchia da un punto di vista alimentare. Siamo troppo dipendenti da alcuni paesi per i nostri fabbisogni. Dobbiamo renderci conto di questo scenario e reagire prontamente”, avverte il numero uno di FederUnacoma. “Mi auguro che siano previsti supporti agli agricoltori per l’acquisto di macchine agricole”, è la richiesta di Malavolti.

RIDEFINIRE TRANSIZIONE ECOLOGICA, SFAMARE PERSONE PRIORITÀ

La transizione ecologica può attendere. Non molto, ma può essere realizzata in maniera più graduale. “Prima ci preoccupiamo di sfamare le persone e poi pensiamo al resto. Altrimenti rischiamo la recessione”, dice fuori dai denti il presidente di FederUnacoma, Alessandro Malavolti, introducendo i lavori del Think tank organizzato dalla federazione dei produttori di macchine agricole di Confindustria per fare il punto sugli effetti della guerra in Ucraina e delle sanzioni alla Russia sul settore. Una giornata di studio su cinque tavoli tematici per guidare gli imprenditori in questa fase delicata e di grande incertezza, in cui la lotta al cambiamento climatico rischia di entrare in conflitto con le necessità del sistema produttivo alle prese con l’impennata dei costi energetici.

Dobbiamo arrivare verso un sistema che ci consenta di minimizzare i cambiamenti climatici che ci stanno procurando molti danni, come la siccità di questi mesi. Ma deve essere una transizione graduale, perché questo altrimenti avrà dei costi sul breve termine che potrebbero essere insopportabili dal punto di vista sociale”, avverte Malavolti. “In questo momento esiste una guerra, che non è solo una guerra tra Ucraina e Russia, ma di tutto il mondo occidentale. Una guerra economica di sanzioni che genera forti disequilibri, alla quale dobbiamo reagire con misure eccezionali”, sollecita il numero uno di FederUnacoma. “Dobbiamo ridiscutere la transizione ecologica, che è stata varata d’impulso più che ragionata. Abbiamo bisogno di misure rapide che abbiano il minore impatto possibile sulla tenuta sociale dal punto di vista della sicurezza alimentare“, conclude.

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