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Scoperto il pesce che droga i suoi predatori per legittima difesa

Il suo veleno potrebbe essere importante in campo medico

Pubblicato:31-03-2017 16:10
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:04

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pesce che droga i suoi predatoriROMA – Poco più lungo di un dito ma pericolosissimo. È il pesce che droga i suoi predatori. Per legittima difesa ovviamente.

Ha due grandi canini connessi a ghiandole velenifere visibili all’altezza della mandibola. È lì che si nascondo il suo potere, capace di stordire le sue inconsapevoli vittime. Si chiama Meiacanthus grammistes, popola l’oceano pacifico e appartiene alla famiglia dei Blenniidae, cioè dei pesci ossei che in italiano sono noti come bavose. Oggi è diventato noto come “Blennide dai denti a sciabola”.

A scoprirlo Bryan Fry, dell’università australiana del Queensland, e Nicholas Casewell, dell’università britannica di Liverpool. I due studiosi hanno pubblicato uno studio sul “Blennide dai denti a sciabola” su Current Biology. Studio al centro del quale c’è l’analisi del modo in cui i sistemi di difesa dei pesci del genere Meiacanthus si sono evoluti nel tempo.


Scoperto il pesce che droga i suoi predatori: un veleno simile all’eroina

Nella pratica gli studiosi hanno analizzato il veleno che rilascia attraverso i suoi particolari denti. Prelevarne dei campioni non è stato semplice dato che, quando attacca chi lo “disturba”, il pesce rilascia solo una piccola quantità di veleno. C’è voluto parecchio tempo, quindi, per collezionare la giusta quantità da analizzare. Così Fry e Casewell si sono attrezzati per tirare fuori i pesciolini dalle loro tane. Hanno fatto penzolare di fronte a loro un batuffolo di cotone, per farlo addentare. E, infine, hanno immerso questo batuffolo in una soluzione in grado di estrapolare il veleno.

Il risultato, alla fine, della analisi è stato sorprendente. I due hanno trovato, principalmente, tre sostanze europeptide, lipasi, e peptidi oppioidi. Sostanze che rendono simile il veleno all’eroina e alla morfina. Se si viene a contatto con il veleno, in pratica, si ha un repentino calo della pressione sanguigna e vertigini. Non provocano, quindi, dolore ma lo attenuano, provocando con molta probabilità una sensazione di disorientamento.

“Il pesce morso diventa lento nei movimenti e frastornato”, ha spiegato Fry che ha aggiunto: “È uno dei pesci più interessanti che abbia mai studiato e produce il veleno più intrigante di tutti, chimicamente unico”. Con le sue caratteristiche, il veleno potrebbe aprire la strada a nuovi farmaci antidolorifici, nonostante le difficoltà che intercorrono nella fase di prelievo. In ogni caso, secondo gli autori della ricerca, è importante salvaguardare la barriera corallina, dove è possibile incontrare le bavose. “Perderla, vorrebbe dire dire addio ad animali come questi – conclude Fry – e quindi anche al loro unico veleno che potrebbe essere alla base del prossimo antidolorifico”.

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