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I nuovi migranti? “Sono spinti dall’assenza di acqua”/VIDEO

Si stima che, entro il 2050, ci saranno 250 milioni di sfollati per l’assenza di acqua

Pubblicato:31-03-2017 15:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:04

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ROMA – “Si stima che, entro il 2050, ci saranno 250 milioni di sfollati per l’assenza di acqua o le difficoltà di accesso alle risorse idriche”: l’allarme arriva da Giorgio Cancelliere, coordinatore del Master in gestione delle risorse idriche nella cooperazione internazionale all’Università Bicocca di Milano e supervisore scientifico per l’acqua della ong bolognese Gvc. “Negli ultimi sette anni ci sono stati 200 milioni di migranti ambientali, a cui vanno sommati i 120 milioni di persone che, per la costruzione di enormi dighe in Cina e India, hanno dovuto lasciare le loro città”, aggiunge. L’occasione è la conferenza “Le mani sull’acqua. Migrazioni ambientali e conflitti per il controllo sull’acqua”, organizzata da Gvc in Cappella Farnese a Palazzo D’Accursio a Bologna. All’origine di queste migrazioni, i cambiamenti climatici, i lunghi periodi di siccità, le alluvioni e il fattore antropico. Come in Cina e in India, come abbiamo visto, ma anche come in Kazakistan, per colpa delle dighe che stanno costruendo attorno al lago Aral, nella zona del Mekong, in Bangladesh e Myanmar, nei pressi di tutti i fiumi che nascono dall’Himalaya, con le attività di regimentazione fluviale. O come in Etiopia, dove la costruzione di quattro enormi dighe, tra cui la famosa Diga della rinascita, sta costringendo cittadini sudanesi ed egiziani a partire alla ricerca di altre terre fertili. “Portare via a cittadini africani il loro unico pezzo di terra, significa ucciderli. Per questo si trovano costretti a emigrare. Ma, si badi bene, nella maggior parte dei casi emigrano nei Paesi limitrofi: dall’Etiopia al Kenya, dalla Somalia al Kenya, dal Sahel alla Nigeria o al Congo. L’aspetto drammatico è che queste dinamiche migratorie ci sono sempre state: il punto è che prima ci si spostava per migliorare la propria condizione economica, oggi per disperazione, perché non si può più rimanere dove si vive”.

La conferenza di stamattina a Bologna

“Nella maggior parte dei casi, poi, le popolazioni colpite da questi fenomeni sono anche quelle più povere. Cittadini di Paesi in cui c’è una grande fragilità politica e spesso anche una crescita demografica molto forte”. È successo così in Sudan, Somalia, Etiopia. Sta succedendo così in Siria: “Alla crisi siriana si è sovrapposta una crisi idrica, che spinge le persone a riversarsi in città già in stato confusionale. Con Gvc, per esempio, lavoriamo in Libano con i rifugiati siriani, circa 15.000 persone. Un numero così grande naturalmente ha un peso gravoso sulle spalle libanesi, per questo lavoriamo sulle loro risorse idriche. In pratica, supportiamo le autorità perché supportino i sistemi idrici. Contemporaneamente, lavoriamo anche in Siria. Ad Aleppo, per esempio, abbiamo ricostruito l’acquedotto e creato nuovi centri di smistamento di acqua. I siriani, adesso, cominciano a fare ritorno nelle loro case, sempre che riescano a trovarle ancora in piedi. Immaginiamo che, presto, i quattro milioni di rifugiati siriani in Turchia rientrino: cosa succederà?”. L’acqua è “l’elemento su cui si basa la vita. Senza acqua non c’è cibo, considerato che il 70 per cento del totale delle risorse idriche è impiegato in agricoltura- riassume Margherita Romanelli di Gvcsenza acqua non c’è lavoro: il 90% del lavoro nel settore agricolo è legato alla disponibilità di acqua. Senza acqua non c’è possibilità di accedere all’energia, idroelettrica e termica, per esempio. Senza acqua igiene e salute vanno in crisi. L’acqua è una delle cause delle emergenze, e contribuisce anche ad acuirle, tra epidemie e alluvioni. E anche il cambiamento climatico ha il suo peso: l’aumento della temperatura comporta l’aumento del livello del mare, facendo così che l’acqua salata entri nelle falde e le renda inutilizzabili”.

Romanelli, nel suo intervento, ha parlato della situazione che colpisce le aree toccate dal fiume Mekong. Oltre un milione di cambogiani, ogni anno, migra in Thailandia: numeri importanti, considerato che la Cambogia conta 15 milioni di abitanti. “Questo avviene perché in Thailandia si guadagna di più, e con le rimesse i cambogiani intendono sostenere il proprio Paese. Ma se queste rimesse non vengono gestite? Se non vengono utilizzate per costruire nuove possibilità? Così, capita che non solo le persone migranti non facciano rientro in patria, ma che anzi portino con sé le famiglie”. Secondo Romanelli, è necessaria una gestione sostenibile delle risorse, abbandonando, per esempio, le coltivazioni intensive; serve fermare gli sprechi e contrastare le privatizzazioni. “È il momento di pensare anche al futuro: il World economic forum ha sancito che l’acqua sarà uno dei rischi globali dei prossimi anni: tra alcuni decenni, altrimenti, potrebbero crearsi situazioni ancora più complesse e conseguenti crisi umanitarie di portata considerevole”. Secondo Cancelliere, il primo passa da fare per tentare di arginare queste enormi masse migratorie è fermare i conflitti. “Come abbiamo visto, una maggiore sicurezza politica porta vantaggi. E poi: qui stiamo parlando di Paesi che non hanno una sicurezza sociale. Prendiamo il Pakistan, colpito da numerose alluvioni nel corso degli ultimi anni: lo Stato cosa ha fatto? Nulla, ha abbandonato i cittadini che avevano perso tutti, obbligandoli ad andare altrove. È come se l’Italia dicesse alle popolazioni terremotate: non possiamo fare nulla, andatevene in Norvegia. Infine, sono urgenti piani di mitigazione dei conflitti”. Il convegno “Le mani sull’acqua” è stato anche l’occasione per lanciare la nuova campagna di Gvc #gocciaAgoccia: obiettivo, aiutare la Siria a rialzarsi, ricostruendo edifici scolastici dotati di acqua corrente e formando nuovi insegnanti, per garantire a tutti i bambini l’accesso a scuole funzionanti e sicure.


(Dires – Redattore Sociale)


UNHCR: AIUTARE PAESI CHE ACCOLGONO MIGRANTI PER SICCITÀ

“La maggior parte dei 65,3 milioni di rifugiati e sfollati nel mondo vivono in paesi che sono già poveri e soffrono in molti casi di carestie e siccità. Nonostante questo, si accollano la responsabilità di questi milioni di persone che nel loro spostamento possono incidere anche in maniera pesante sull’equilibrio ambientale e sociale dei territori”. Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, durante la conferenza “Mani sull’acqua” di questa mattina a Bologna per il lancio della campagna “#gocciaAgoccia” di Gvc, fa il punto sulla situazione dei cosiddetti ‘migranti ambientali‘, costretti ad abbandonare la propria terra in cerca di acqua, spesso per approdare in un altro paese problematico dal punto di vista del clima e delle risorse. Per questo l’obiettivo dell’Alto commissariato per i rifugiati è “intervenire per rendere questa presenza sostenibile anche per la comunità che li accoglie”.

Infatti, Sami spiega che il problema dell’acqua in moltissimi di questi paesi “riguarda anche la popolazione residente, come nei Paesi africani: Etiopia, Sud Sudan, Somalia… L’elemento dell’acqua spinge le persone a muoversi da alcuni posti dove ci sono le risorse ma non riescono ad averne accesso“. In questo senso, soggetti istituzionali come l’Unione europea “possono avere un grande impatto sulle politiche di sviluppo di questi Paesi e sostenerli efficacemente in maniera massiccia, soprattutto in questo frangente storico così difficile, in cui alla povertà di questi paesi determinata dai fattori climatici ci sono i conflitti e di conseguenza gli spostamenti forzati di milioni di persone” conclude Sami.

di Davide Landi, giornalista

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