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Gli Stati Uniti nominano due funzionarie per i diritti delle donne afghane

L'amministrazione Biden sceglie Rina Amiri e Stephenie Foster come inviata speciale e alta rappresentante per le Donne, le bambine e idiritti umani nel Paese asiatico. E a Kabul le donne tornano in piazza contro i talebani

Pubblicato:30-12-2021 12:13
Ultimo aggiornamento:30-12-2021 12:13

donne afghane manifestazione
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ROMA – Dopo un corteo di protesta a Kabul organizzato dalle donne contro il governo dei talebani al motto di “giustizia, giustizia!”, gli Stati Uniti hanno annunciato la nomina di due alte funzionarie americane per il ruolo di inviata speciale e alta rappresentante per le Donne, le bambine e i diritti umani in Afghanistan, presso il Dipartimento di stato americano. La scelta dell’amministrazione Biden, che ha presentato queste decisioni come un’azione prioritaria nella sua nuova politica verso il Paese dell’Asia centrale, è caduta rispettivamente su Rina Amiri e Stephenie Foster.

Entrambe hanno già ricoperto incarichi di alto livello in questo ambito: l’inviata speciale Amiri, americana di origini afghane, è stata rappresentante speciale per Afghanistan e Pakistan per l’ex presidente Barack Obama, nonché membro del team per l’Afghanistan del segretario generale delle Nazioni Unite. Foster vanta invece esperienze sia nel Dipartimento di stato che in organizzazioni private. Come Rappresentante speciale, coadiuverà la collega Amiri all’interno di ‘Care’, il dipartimento per il coordinamento per il ricollocamento degli afghani.


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A quasi quattro mesi dall’uscita delle truppe americane dall’Afghanistan, conclusa il 31 agosto scorso, gli Stati Uniti cercano di riabilitarsi dalle critiche. Da più parti l’amministrazione Biden è stata accusata di aver lasciato il Paese in balia dei talebani, ossia proprio il gruppo armato ritenuto un player determinante nel terrorismo globale che aveva indotto il Pentagono a lanciare una missione militare pochi giorni dopo gli attacchi all’America del 2001.

L’avvento dei talebani, che hanno deposto il governo del presidente Ashraf Ghani sostenuto dalla comunità internazionale, ha innescato una crisi umanitaria nel Paese e a soffrirne sono soprattutto le donne: l’International Rescue Committee ha inserito l’Afghanistan all’ultimo posto nella classifica di 170 Paesi per diritti e libertà delle donne, insieme a Siria e Yemen. Proseguono anche le “rappresaglie” dei miliziani contro coloro che avevano lavorato per l’amministrazione Ghani e i Paesi stranieri negli anni precedenti: lo hanno denunciato tra le altre cose le donne che due giorni fa hanno manifestato a Kabul.

Queste, stando a quanto riferisce la testata Al Jazeera, hanno protestato contro alcune misteriose uccisioni tra quei militari che prestarono servizio per il precedente governo, e di cui sono accusati gli ex mujahideen. I talebani sarebbero quindi intervenuti per impedire ai giornalisti di documentare il corteo, arrivando a trattenerli per cancellare foto e video dai loro dispositivi. In un articolo uscito per la testata Times, l’ex primo ministro britannico Gordon Brown ha accusato l’Occidente di “dormire” mentre in Afghanistan sarebbe in corso “la più grande crisi umanitaria dei nostri tempi“.

Denunciando che “più della metà della popolazione sta affrontando la fame estrema, incluso un milione di bambini a rischio morte“, Brown ha citato le stime del Fondo monetario internazionale, secondo cui l’economia afghana nel 2022 potrebbe contrarsi del 20-30%. Pertanto ha invocato un pacchetto di aiuti per salvare il Paese dal collasso socio-economico, evidenziando che se l’Afghanistan non riceverà sostegno, “la popolazione sarà obbligata a due sole scelte: morire di fame o emigrare”.

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