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I rifugiati in Libia: “In 500 respinti a Tobruk (con il sostegno dell’Italia)”

La denuncia alla Dire dell'organizzazione Refugees in Libya: "Le milizie li hanno riportati indietro, c'erano anche 240 minori

Pubblicato:30-11-2022 14:01
Ultimo aggiornamento:30-11-2022 14:01
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Libia_respingimenti
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ROMA – “Una nave della cosiddetta Guardia costiera libica, ma in realtà di una milizia, ha intercettato a 60 chilometri dalla costa e riportato a Tobruk 522 persone fra i quali 240 minori, soprattutto cittadini siriani ed egiziani, che erano a bordo di un vecchio peschereccio. I miliziani hanno condotto l’operazione dopo essere stati informati sul transito in mare della barca da fonti che non hanno voluto specificare”. Così all’agenzia Dire esponenti dell’organizzazione Refugees in Libya, costituita da migranti africani residenti o bloccati in Libia, che su Twitter aggiunge: “Con il rinnovo del sistema terrorista messo in piedi da Italia e Libia sempre più persone continuano a morire, mentre il Paese nordafricano diventa sempre più insostenibile”.

Il finanziamento alla Guardia costiera libica, che secondo le ricerche di diversi media e ong libiche, italiane e internazionali è in realtà costituita da milizie armate che commettono abusi e di cui si ignora la composizione e le attività, è uno dei punti più discussi del Memorandum fra Italia e Libia siglato nel 2017. L’intesa è stata rinnovata una prima volta nel 2020 ed è in attesa di essere rinnovata una secondo volta in automatico a febbraio dell’anno prossimo dopo il tacito assenso del governo di Roma, che aveva tempo per revocarlo entro il 2 di questo mese.

La nave intercettata dalla milizia

“La nave è stata bloccata dal battaglione di Tarik Bin Ziad, una delle milizie più forti a Tobruk, che ci ha detto detto di essere intervenuta dopo aver ricevuto notizie su questa nave da una fonte che non è stata rivelata”, dice un portavoce di Refugees che si trova in Libia e che preferisce restare anonimo per ragioni di sicurezza. L’imbarcazione che si è occupata dell’operazione “portava la sigla Ingadz 7, ovvero la parola araba che sta per ‘salvataggio’, a ulteriore dimostrazione che si trattava di un mezzo della cosiddetta Guardia costiera”.


Secondo l’organizzazione, che è sostenuta da una rete di solidarietà che trascende i confini libici e che organizza iniziative anche in Europa, “a bordo della nave riportata a Tripoli c’erano circa 100 persone siriane, mentre il resto erano egiziane“. A bordo, secondo quanto riferisce Refugees su Twitter, c’era almeno un bambino molto piccolo.

“I finanziamenti italiani anche ai criminali”

La fonte alla Dire denuncia ancora: “Un problema grave è i finanziamenti del governo italiano finiscono a chiunque abbia abbastanza risorse da condurre le ricerche e i respingimenti, anche milizie e gruppi mafiosi. Se a Zawiya e Zuwara trovi i criminali agli ordini di Al Bija, qui in Cirenaica trovi Bin Ziad”, conclude l’attivista in riferimento a Abd al-Rahman al-Mila, ritenuto a capo di un sistema di traffico di essere umani, in carcere con questa accusa per diversi mesi in Libia. Nel 2017 un’inchesta del quotidiano Avvenire aveva reso noti degli incontri fra al-Mila e rappresentanti del governo italiano, che si erano svolti a Catania.

Secondo quanto denunciato dalle ong italiane che contestano il Memorandum, l’intesa costituisce di fatto un meccanismo per “esternalizzare” alle milizie libiche i respingimenti di migranti e potenziali richiedenti asilo che l’Italia non potrebbe mettere in pratica, in quanto violazione del diritto internazionale in materia di diritti umani. Dal 2017 a oggi, secondo la società civile italiana, circa 100mila persone sarebbero state intercettate e ritrasferite forzatamente in Libia.

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