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Coronavirus, Locatelli: “Proteggiamo i più fragili, serve un patto tra generazioni”

Il presidente del Consiglio superiore di Sanità: "Gli effetti del Dpcm sapremmo vederli e valutarli tra due settimane"

Pubblicato:30-10-2020 16:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:09
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terapie avanzate
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ROMA – “I soggetti che perdono la vita in questa epidemia sono rimasti sostanzialmente gli stessi, dal punto di vista delle caratteristiche patologiche e di co-morbidità, rispetto alla prima fase dell’epidemia. Questo vuol dire che la fascia dei più fragili devono continuare ad essere protetti, anche con un patto inter-generazionale“. Lo ha detto il professore Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità, nella conferenza stampa organizzata dal ministero della Salute per la cabina di regia della situazione epidemiologica in Italia.

“Nei mesi scorsi- spiega Locatelli- si andavano ad analizzare i tamponi dei soggetti sintomatici, ora per il 70% analizziamo i tamponi di persone paucisintomatiche o asintomatici. Questo spiega perché si è passati dall’avere 78anni ai 50 anni la mediana dell’età delle persone contagiate. La metafora usata prima dal professore Brusaferro è calzante: toccavamo la punta dell’iceberg, ora vediamo la parte inferiore”.

Il presidente del Consiglio superiore di Sanità aggiunge: “Bene quindi, come indica il commissario Arcuri, che dai prossimi giorni saremo in grado di fare anche altri 150mila test antigenici rapidi al giorno. L’elemento fondante del modello di gestione in questa fase diventerà quindi: tanto più riusciremo a curare e mantenere le persone a casa, evitando un sovraccarico nei reparti di degenza ordinaria sia nelle terapie intensive, meglio riusciremo a garantire la gestione ottimale dei malati e del funzionamento dei reparti ospedalieri anche per le altre patologie”.


Gli effetti del Dpcm sapremmo vederli e valutarli tra due settimane– sottolinea Locatelli- mentre l’impatto sullo stato di salute di chi ha bisogno di terapie più impegnative, come le intensive, li vedremmo ancora più avanti, almeno tre-quattro settimane”.

I saturimetri sono straordinariamente utili per considerare la compromissione respiratoria anche all’inizio, con bassi livelli di saturazione dell’ossigeno. Lo sforzo che verrà discusso e che sarà messo in campo- conclude Locatelli- è quello di dotare i medici di medicina generale e quindi i soggetti infettati di saturimetri, evitando situazioni critiche dei pazienti e pertanto anche l’affanno delle strutture di pronto soccorso degli ospedali”.

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