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La Fondazione Gimbe: “Siamo ancora in tempo per evitare il lockdown, subito chiusure drastiche locali”

"Dobbiamo intervenire oggi con chiusure locali- avverte la Fondazione Gimbe-. Altrimenti il sistema sanitario arriverà a un punto di non ritorno"

Pubblicato:30-10-2020 09:49
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:09
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ROMA – “C’è ancora tempo per evitare il lockdown generalizzato,  ma bisogna intervenire subito con chiusure locali. Se aspettiamo di avere 40mila contagi al giorno, arriveremo a 500 morti al giorno”. Questa l’analisi sul rischio lockdown di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze), che si occupa di favorire la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche. Caltabellotta ne ha parlato oggi intervenendo ai microfoni della trasmissione ‘L’Italia s’è desta’, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.

“SERVONO CHIUSURE ANCHE DRASTICHE PER ALCUNI COMUNI O PROVINCE”

“Se noi vogliamo prevenire dei numeri tra due settimane dobbiamo intervenire oggi- esorta Caltabellotta-. Occorrerebbero chiusure locali. Già dai primi di settembre sosteniamo che bisogna agire con chiusure localizzate anche drastiche a livello di singoli comuni e province. Quando la responsabilità si passa a un livello più alto, regioni e governo, è evidente che le chiusure poi interessino tutti. 

“Non c’è un numero magico oltre il quale dobbiamo decidere. La decisione politica dipende da quanto noi siamo disponibili ad equilibrare tutela della salute e dell’economia- prosegue la sua analisi il presidente di Gimbe-. I contagi trattati a livello domiciliare potrebbero anche aumentare all’infinito, il problema è che il 5-7% va in ospedale e un’altra parte in terapia intensiva e lì c’è il problema dei posti letto. Se gli ospedalizzati e le terapie intensive ormai crescono del 60% in settimana, la curva dei decessi sta cominciando ad impennarsi anch’essa. Già il sistema ospedaliero sta cominciando ad andare in sofferenza, questo vuol dire che vengono rinviati interventi per altre patologie e anche per questo poi vediamo un aumento della mortalità. Quando il sistema sanitario va in tilt è evidente che poi c’è un punto di non ritorno. Questo però viene valutato con una tempestività inadeguata perché il virus corre con un paio di settimane di vantaggio”.


“EVITARE INCONTRI DI OLTRE 10 PERSONE”

Sulla chiusura di ristoranti, palestre, teatri, cinema. “Stando ai dati che vengono dalla letteratura scientifica e che si riferiscono ai mesi di marzo-aprile, uno degli interventi necessari è il divieto di eventi e assembramenti di oltre 10 persone, questo permette di avere degli effetti di riduzione della diffusione del contagio più efficaci e rapidi. Poi ci sono tutti gli altri interventi di chiusura, fino ad arrivare al lockdown totale. Il primo step è quello di cominciare a fare in modo che le persone si incontrino di meno. Queste cose però andrebbero spiegate alla popolazione in maniera molto chiara, perché altrimenti non si capisce perché si prendono delle determinate misure e si pensa che alcuni interventi siano un accanimento verso determinate attività”.

“NEGAZIONISTI HANNO COLPE, MA C’È STATA ANCHE MANCANZA DI COLLABORAZIONE TRA REGIONI E GOVERNO”

I negazionisti, prosegue il presidente di Gimbe, è solo uno dei tanti problemi collegati alla pandemia. Spiega infatti Caltabellotta: “Il problema dei negazionisti e anche dei minimizzatori, quando ci siamo trovati all’abbattimento quasi totale dei contagi, è soltanto una delle parti che ha grandi responsabilità di questa sottovalutazione della seconda ondata. Le responsabilità ovviamente sono anche di altri, dalla mancata collaborazione tra Stato e Regioni, a tutte le cose che dovevano essere fatte e non sono state fatte”, conclude.

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