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I libri del mese scelti dalla Dire

A giugno abbiamo letto Emanuele Trevi, Peter Stamm, Sasa Stanisic, Andrea Bajani e Mariangela Gualtieri

Pubblicato:30-10-2019 15:43
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:34

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Colson Whitehead I ragazzi della Nickel (Mondadori)

Il settimo libro di Colson Whitehead è un capolavoro. Forse anche più de ‘La ferrovia sotterranea’, che gli è valso il Pulitzer e il National Book Award. Il libro narra la storia di Elwood Curtis, un ragazzino cresciuto dalla nonna, nella Florida degli anni Sessanta. Il suo grande sogno è frequentare il college e iniziare la sua nuova vita, ma un giorno accetta un passaggio su un’auto rubata. Elwood viene quindi spedito alla Nickel, una scuola-riformatorio per soli maschi, un viaggio in un inferno di abusi e violenze. Il libro, ha spiegato Colson Whitehead, è ispirato alla storia della Dozier School for Boys di Marianna, in Florida, tornata alle cronache nel 2014, quando alcuni studenti di archeologia ritrovarono decine di cadaveri sepolti in un cimitero segreto. ‘I ragazzi della Nickel’ vi terrà incollati dalla prima all’ultima pagina, vi commuoverà e vi sorprenderà per l’altissima qualità di scrittura di Whitehead, capace magistralmente di fare luce su un angolo buio di storia americana.

Valeria LuiselliArchivio dei bambini perduti (La Nuova Frontiera)


Fin dal suo esordio, con Volti nella folla, Valeria Luiselli ha saputo innovare il romanzo in modo seducente e originale attraverso l’esplorazione della forma ibrida. I suoi libri contengono moltitudini: sono diari, memoir, resoconti di viaggi; la sua prosa è meditata, precisa, chirurgica. In quest’ultima opera, che il New York Times ha definito “un nuovo classico”, la scrittrice messicana narra una coppia di documentaristi che attraversa gli Stati Uniti con i due figli avuti da precedenti relazioni. Lui vuole raccontare la resistenza degli Apache, lei vorrebbe descrivere i bambini migranti che ogni giorno attraversano illegalmente il confine in cerca di aiuto. Ma questo è solo il primo livello del libro; nel secondo livello c’è “la storia della disgregazione di una coppia” che passa “per l’incompatibilità dei propri intenti”; anzi, di più, c’è la presa di coscienza che “all’interno dell’auto siamo quattro puntini disgiunti – ognuno sul suo sedile, con i suoi pensieri, ognuno in silenziosa trattativa con le paure taciute e il variare dei propri umori”. Il terzo livello del libro è un’indagine su cosa significhi costruire un archivio e documentarsi, che per Luiselli, forse, “vuol dire semplicemente raccogliere il presente per la posterità”. Se non avete mai letto un suo libro, qui troverete il suo universo poetico.

David SzalayTurbolenza (Adelphi)

Il nuovo libro dello scrittore canadese, David Szalay, è tra le migliori raccolte di racconti uscite in questi anni. In poche pagine, con una prosa limpida e accurata, Szalay narra la vita di dodici persone nell’attimo in cui una minaccia sta per abbattersi su di loro: la malattia di un figlio, la vecchiaia, la morte, il fallimento per debiti, un amore che finisce. Ogni racconto termina con il personaggio che sfiora quello successivo, come fossero legati tutti da un unico filo misterioso. Le storie, nate per una serie radiofonica della Bbc, sono ambientate in dodici città del mondo, da Londra a San Paolo, da Seattle a Budapest, da Hong Kong a Saigon. Il cuore della raccolta è racchiuso in un racconto a metà del libro, quando Szalay, narrando un certo evento, scrive: “Era uno di quegli avvenimenti che fanno di noi ciò che siamo, per noi stessi e per gli altri. Cose che sembrano succedere così, senza un motivo, e invece poi restano lì per sempre, e a poco a poco ci accorgiamo che ci hanno segnati, che niente sarà mai più come prima“.

Sigrid NunezL’amico fedele (Garzanti)

Una brillante e profonda meditazione sul dolore e la scrittura. Si può riassumere così questo romanzo di Sigrid Nunez, vincitrice con L’amico fedele del National Book Award, il più prestigioso premio letterario statunitense. Il libro è una lunga lettera che la scrittrice dedica al suo professore e mentore, che si è appena suicidato. E’ ai ricordi della loro amicizia – che si è nutrita di sapere, e forse anche di amore – che la protagonista si aggrappa di fronte all’eredità inaspettata che lui le ha lasciato: un ingombrante Alano. L’uomo era d’accordo con Milan Kundera – le relazioni tra umani e animali sono idilliache. Forse dietro quel regalo si nasconde qualcosa. Forse, per la protagonista, è arrivata il momento di dare vita al romanzo che non ha mai avuto il coraggio di scrivere. Sono centinaia le citazioni sparse nel romanzo, che è scritto per dettagli e frammenti. Come questa: “Ho fatto quello fai quando sei uno scrittore e c’è qualcosa che ti ossessiona: lo trasformi in una storia sperando di seppellirlo o, per lo meno, di scoprirne il significato. Anche se per esperienza sappiamo che non funziona praticamente mai“.

Edith BruckTi lascio dormire (La nave di Teseo)

“Tu eri tutto per me: lingua patria famiglia padre e madre. L’uomo migliore che abbia mai incontrato”. Parte da questa dichiarazione d’amore la lunga e commovente lettera che Edit Bruck ha scritto al marito Nelo Risi, morto nel 2015. Bruck racconta la storia della loro vita e lo smarrimento che la sua scomparsa le ha provocato, per continuare a sentirlo vicino nello scorrere dei giorni. Come in Lettera a D. Storia di un amore di Andrè Gorz, indirizzata alla moglie Dorine, la vita individuale, la vita amorosa e la vita sociale rimbalzano l’uno nell’altro, nella lettera. L’autrice fa rivivere i gesti che lei e Nelo hanno compiuto insieme, il rapporto con il denaro, la visione opposta sull’avere un figlio, l’impegno sociale, i viaggi, il cinema, i libri, le relazioni con la famiglia. Ma Edith Bruck fa rivivere anche il suo passato doloroso segnato da Auschwitz e le lettere indirizzate a Primo Levi. Ancora una volta è attraverso la scrittura che passa la salvezza. “La scrittura è ossigeno, purifica. Parlandoti, scrivendoti, mi sembra di emergere dal pozzo buio dove sono caduta e di risalire verso la luce, al biancore del foglio che riempio per te”.

Amos OzSulla scrittura, sull’amore, sulla colpa e altri piaceri (Feltrinelli)

Ritrovare la forza dei pensieri e delle parole di un grande scrittore come Amos Oz, scomparso quasi un anno fa, è come imbattersi in una coperta calda mentre si gela. Questo libro, nato dalle decine di ore di conversazione tra lui e la sua editor, Shira Hadid, è una sorta di testamento artistico, spirituale e familiare dello scrittore israeliano. La scrittura è il filo rosso del libro, che intreccia temi quali il matrimonio, l’essere genitori, l’amore, il senso di colpa, la politica. I lettori appassionati di Oz troveranno una miniera di riflessioni acute e brillanti come questa: “Ogni libro ne contiene almeno tre: quello che stai leggendo, quello che io ho scritto e che non può non essere diverso da quello che tu leggi, ma ce n’è anche un terzo: il libro che avrei scritto se avessi avuto abbastanza forza. Abbastanza ali. Questo libro, cioè il terzo, è il migliore di tutti. Ma in tutto il mondo nessun altro, oltre me, conosce quel terzo libro e nessuno, oltre a me, ne piange la perdita“. Alla fine della lettura non resta che ringraziare questo scrittore per i magnifici libri che ci ha lasciato.

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