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Autonomia, Maroni: “Il Pd sembra volerla più della Lega…”

Il leghista 'benedice' Boccia: "Sta facendo quello che non ha fatto Stefani"

Pubblicato:30-10-2019 12:42
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:54
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MILANO – “Bisogna ricominciare, bisogna tornare alle origini, Boccia meglio di Stefani, il Pd vuole l’autonomia più della Lega”. In quattro frasi, la serata che non ti aspetti: Roberto Maroni, ex ministro leghista, ex presidente della Regione Lombardia che parla di autonomia. Fin qui nessuna grande sorpresa, ma sorprende che lo faccia in un dibattito al Circolo della Pallacorda, ex nido renziano milanese (qui venne a parlare di referendum costituzionale tra gli altri l’allora ministro Maria Elena Boschi, era il 2016) e comunque realtà legata a doppio filo col Pd. Sorprende ancora di più sentire Maroni dire cose più a sinistra del sindaco orobico Giorgio Gori, suo compagno di dibattito e avversario sfiorato nelle regionali del 2018. Un Maroni che dopo l’incontro pugliese con il ministro agli Affari regionali Francesco Boccia continua il suo percorso ‘autonomista’ riprendendo il filo interrotto proprio allora, a inizio 2018, dopo la pre-intesa siglata con l’esecutivo Gentiloni e la successiva uscita di scena da parte di Bobo, che rinunciò al secondo mandato da governatore.

“Devo dire che sono rimasto favorevolmente sorpreso dall’interlocuzione col Governo Gentiloni– dice Maroni- perché avrebbe potuto rimandare ed invece è stato coraggioso a formulare la pre-intesa”.

Dunque, prosegue il valzer delle cortesie tra (ex) nemici e delle stilettate tra (ex) amici: “Sono iscritto alla Lega- ammette l’ex governatore- e se vedete bene oltre a Salvini che dice ‘Prima gli Italiani’ che vabbè… dall’altra parte resta la dicitura Lega nord'”. Ed è proprio da tesserato che l’ex ministro non lesina critiche: “Ero molto ottimista ed ero fiducioso dopo la formazione del governo giallo-verde perché credevo che con il Pd a favore e la Lega al governo ormai fosse fatta. Tutto ciò purtroppo non è avvenuto, ho però ripreso fiducia con il governo giallorosso”. I motivi non si spiegano, o meglio Maroni cerca di dare qualche spunto: “È più il Pd che si occupa di autonomia che non la Lega”, sentenzia, evidenziando quelle che sono le differenze tra il ministro del Carroccio Erika Stefani e il suo sostituto pugliese Boccia, dem su cui però Maroni sembra riporre speranze.


“Mi è parso deciso, con tutte le precauzioni del caso”, afferma l’ex governatore sul nuovo ministro giallorosso, che a detta di Maroni “sta facendo una cosa che Stefani non ha fatto: incontrare i governatori sui territori e dare tempi certi”, tutte cose che il governo precedente “pur avendo possibilità- ammette- non ha fatto”. Sarà questo che avrà convinto Maroni a collaborare con Boccia da ‘esperto consulente’? Chissà.

Intanto la serata prosegue, tra ammiccamenti inediti e strattoni con il passato. “A differenza dei politici attuali, io prima ho lavorato”, racconta Maroni mentre spiega la sua attività da ministro dell’Interno nel districarsi tra la burocrazia romana, convinto che sia il momento di attivarsi sul serio e di abbandonare gli slogan, specie se non seguiti dai fatti. “Molliamo un po’ i social, sono dispersivi e là dentro le cose si perdono- afferma- agiamo, incontriamoci”.

Poi l’amarcord sul referendum del 2017, un referendum “forse non necessario” ammette Maroni, ma utile “per dare più forza negoziabile ai governatori”, un referendum “accompagnato da propaganda” dice il già presidente lombardo, che comunque rivendica con forza come quella fosse una strada giusta da percorrere al di là delle bandiere politiche, al di là della finta concorrenza con la strada intrapresa dalla Regione Emilia-Ronagna.

“Stefano Bonaccini voleva dimostrare come l’autonomia si potesse fare senza referendum, che lui giudicava inutile”, ricorda Maroni. Un peccato che diventa veniale, se le cose si vogliono realizzare davvero.

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