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NAPOLI – I Paesi del G7 sono pronti a lavorare con i governi africani, evitando logiche paternalistiche e tornando sui luoghi del colonialismo rispettando le priorità di sviluppo dei singoli Stati, la diversità culturale e la ricchezza delle Nazioni. È questo il senso della dichiarazione dal titolo “Cultura per lo sviluppo sostenibile dell’Africa e del mondo”, approvata al termine del G7 Cultura presieduto dal ministro italiano Alessandro Giuli, che si è svolto a Napoli dal 19 al 21 settembre. Il documento è stato siglato non solo dai delegati dei “Grandi 7” ma anche dai leader di Unione Africana, Brasile, Canada, Grecia e India e dai vertici dell’Unesco, dell’Iccrom e della Banca Africana per lo Sviluppo. Attraverso la dichiarazione di Napoli, i Paesi e le organizzazioni, convinti che “tutte le culture del mondo abbiano pari titolo al rispetto, così come gli individui sono pari riguardo all’accesso alla cultura” e “riconoscendo i progressi compiuti alla 28esima Conferenza Onu sui cambiamenti climatici del 2023 (Cop28) nell’integrazione della cultura nelle discussioni globali sul clima”, ricordando l’importanza “dell’economia creativa per la prosperità dell’Africa, capace di offrire opportunità di crescita socio-economica, affari e posti di lavoro”, intendono “lavorare con i governi africani e l’Unione Africana per fare leva sulla cultura come motore chiave dello sviluppo sostenibile”.
Azioni, come la promozione di “partenariati reciprocamente vantaggiosi, basati sui principi di rispetto delle identità culturali, comprensione reciproca, libertà di espressione e co-creazione di contenuti e attività culturali”, che hanno l’obiettivo, tra l’altro, di rafforzare la presenza dell’Africa nelle liste del patrimonio Unesco, puntando al “pieno riconoscimento e all’integrazione della cultura e dell’economia creativa nei processi e nelle politiche di sviluppo, nonché nelle discussioni future su come avanzare nello sviluppo sostenibile dopo il 2030”. Considerazioni culturali da includere anche “nell’agenda climatica internazionale e nelle strategie e nei piani climatici nazionali”, promuovendo la transizione ecologica dei settori e delle industrie culturali e creative.
Nel corso dell’ultimo giorno di lavori del G7 Cultura, è intervenuto anche il viceministro degli Affari esteri e la Cooperazione internazionale Edmondo Cirielli, l’autorità politica responsabile dei programmi di cooperazione internazionale dell’Italia, che ha illustrato le strategie nazionali dell’aiuto allo sviluppo, in particolare nei settori culturali, uno degli asset di cui si occupa anche il “Piano Mattei”, la strategia di collaborazione con il Continente africano lanciata lo scorso febbraio dal governo Meloni. “Il ministero della Cultura – ha detto Cirielli, intercettato dalla Dire a margine del summit – è sempre al fianco del ministero degli Esteri nella sua cooperazione culturale. Nell’ambito del Piano Mattei, la cultura gioca un ruolo importante: può ingenerare un indotto di sviluppo socio-economico molto rilevante, pienamente sostenibile e che porta anche a un miglioramento sul piano sociale dei territori, dei Paesi, delle nazioni”.
In particolare, un segmento fondamentale del Piano ha a che fare con la ricerca archeologica e il ripristino museale, ma anche con la formazione. “Abbiamo in Africa – ha spiegato Cirielli – delle scuole italiane, delle scuole paritarie, corsi di studio che stiamo potenziando, agendo sempre su richiesta dei Paesi partner, perché questa è la nostra filosofia. Ci sono tutta una serie di collaborazioni universitarie che stiamo ampliando, così come le borse di studio destinate ai giovani africani”. L’obiettivo, ha rimarcato il viceministro, è quello di “valorizzare le risorse umane, creare occasioni di sviluppo economico reciprocamente vantaggiose, ma anche svolgere un ruolo diplomatico, giocare la nostra partita come Paese leader nell’ottenimento anche della pace tramite le relazioni culturali: l’Italia è una grande superpotenza culturale, abbiamo anche il dovere di mettere a disposizione le nostre expertise per gli altri”.
L’Italia è attiva soprattutto nei Paesi del Nordafrica, in particolare in Tunisia, Egitto e Libia, “ma – ha detto Cirielli – abbiamo iniziato anche la nostra attività in Africa occidentale, in Ghana, così come in Africa orientale, in Etiopia, stiamo puntando molto sul Kenya, e da poco abbiamo riaperto il canale di cooperazione in Eritrea”. Una delle strategie dell’Italia per l’Eritrea – al momento è in corso una fase di studio preliminare – potrebbe essere quella di ristrutturare alcune cittadine, o opere realizzate dall’Italia durante il periodo coloniale particolarmente apprezzate dagli eritrei, come teatri e cinema.
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