NEWS:

“Vogliamo verità per i desaparecidos”: in Messico tutti uniti per il caso dei 43 studenti scomparsi

Dopo un agguato compiuto da agenti della polizia nella notte tra il 26 e il 27 settembre 2014 a Iguala, nello Stato di Guerrero, scomparvero

Pubblicato:30-09-2020 12:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:58
Autore:

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

https://www.youtube.com/watch?v=ONfSDUh4ap4&feature=youtu.be

ROMA – “Il caso dei 43 studenti di Ayotzinapa ha fatto sì che collettivi e associazioni si unissero nella ricerca della verità. Non solo per loro stessi, ma per tutte le migliaia di persone scomparse in Messico”. A parlare con l’agenzia Dire è Narce Santibanez, coordinatrice della comunicazione Centro de Derechos Humanos Miguel Agustin Pro Juarez A.C. (Centro Prodh), un’ong fondata da padri gesuiti a Città del Messico nel 1988.

L’intervista si tiene a pochi giorni dal sesto anniversario della scomparsa dei 43 studenti della Escuela Normal Rural Raul Isidro Burgos della cittadina di Ayotzinapa, dopo un agguato compiuto da agenti della polizia nella notte tra il 26 e il 27 settembre a Iguala, nello Stato di Guerrero. Sei studenti morirono nell’attacco, diverse decine rimasero ferite mentre di altri 43 si persero le tracce.


Secondo Santibanez, dalla vicenda è emerso un impegno nuovo. “Ha ridato forza alle tante persone che cercano i loro cari” dice la coordinatrice. “E’ dalle cosiddette ‘guerre sporche’ contro i movimenti sociali degli anni ‘60 e ‘70 che nel nostro Paese le persone spariscono; i fatti del 2014 si sono riconnessi a quella memoria collettiva”.

Secondo Santibanez, che con il Centro Prodh sostiene i familiari delle vittime di Ayotzinapa nella ricerca della verità, il Messico ha bisogno di “un serio meccanismo di identificazione forense dei resti di persona”.

Servirebbero “antropologi, archeologi ed esperti nel tracciamento del Dna” per poter dare un nome e una storia “a migliaia di resti che vengono ritrovati in Messico, con la scoperta di una nuova fossa praticamente ogni giorno”. Santibanez indica come modello gli esperti dell’equipe di antropologia forense argentina e del Grupo Interdisciplinario de Expertos Independientes (Giei) inviati dalla Corte Interamericana de Derechos Humanos. “Hanno avuto – sottolinea – un ruolo chiave nel far luce su quello che è successo ad Ayotzinapa”.

Oltre alle professionalità servirebbe però anche la volontà politica di “condurre indagini serie”. Santibanez riferisce infatti “che spesso le denunce dei familiari delle vittime restano inascoltate”.

Secondo la coordinatrice, l’esecutivo del presidente Andres Manuel Lopez Obrador ha fatto passi in avanti rispetto al caso di Ayotzinapa, soprattutto se messo a paragone con il governo precedente di Enrique Pena Nieto, capo dello Stato all’epoca dei fatti. “I parenti dei ragazzi scomparsi incontrano il presidente una volta al mese – dice Santibanez – mentre prima dovevano urlare per farsi ascoltare”. A Lopez Obrador è poi attribuito il merito di aver istituito “un’unità speciale della procura dedicata al caso e una commissione presidenziale per l’accesso alla verità e alla giustizia”.

È stato d’altra parte lo stesso presidente a evidenziare che la strada per la verità è ancora lunga. L’occasione è stato il sesto anniversario della scomparsa dei 43. “La cosidetta ‘verità storica’ su Ayotzinapa è crollata” ha detto Lopez Obrador.

Un’espressione, “verità storica”, con la quale è definita la versione dei fatti fornita dal governo di Pena Nieto. Secondo la sua ricostruzione, i ragazzi furono arrestati e consegnati al gruppo di narcotrafficanti dei Guerreros Unidos, che li uccisero e bruciarono i loro corpi in una discarica.

Troppe, però, le falle emerse grazie a indagini parallele. Secondo gli esperti del Giei, infatti, nel luogo dove secondo gli inquirenti erano stati dati alle fiamme i corpi dei giovani non sono stati ritrovati i resti di 43 persone ma di 19, mentre fra quelli rinvenuti ce ne sono alcuni di persone con almeno 25 anni di età, quindi non dei ragazzi di Ayotzinapa. Altro nodo da sciogliere è quello delle responsabilità: secondo le indagini parallele, oltre a esponenti della polizia municipale hanno partecipato all’agguato anche membri di polizia federale ed esercito.

“E’ una versione motivata dall’esigenza di chiudere le indagini quanto prima – denuncia Santibanez – per coprire verità che dobbiamo ancora conoscere”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it