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Lo smog offusca il sole e su monti e pianure del Nord piove meno

La diminuzione della pioggia al Nord è considerata una possibile conseguenza del riscaldamento globale in atto

Pubblicato:30-09-2019 12:15
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:45

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MILANO – L’inquinamento condiziona la pioggia. E nel nord Italia ha già ridotto le precipitazioni. Il pulviscolo dello smog, infatti, svolge un ruolo fondamentale nella formazione delle nuvole e, offuscando il sole, provoca una diminuzione della temperatura al suolo, modificando la dinamica atmosferica. E così che l’inquinamento determina quanta pioggia bagna la pianura e quanta le vette. E’ già successo: negli anni ’80, in pianura è piovuto meno che in altura dove le piogge sono rimaste costanti. Più di recente ha pagato dazio la montagna. E’ la conclusione cui giunge lo studio condotto dal gruppo di ricerca guidato da Claudia Pasquero, professore associato di oceanografia e fisica dell’atmosfera all’Università di Milano-Bicocca. La ricerca, dal titolo “Variability of orographic enhancement of precipitation in the Alpine Region”, pubblicata su “Scientific Reports”, ha preso in esame i dati relativi alle piogge, raccolti in oltre 3.000 stazioni pluviometriche situate a quote diverse nella regione alpina. Per la prima volta lo studio, cofinanziato da Fondazione Cariplo, prende in esame un’area geografica così ampia e una banca dati assai consistente, provando a far fare un ulteriore passo in avanti nel dimostrare la correlazione tra inquinamento e piogge. Normalmente i versanti montani provocano la risalita delle masse d’aria umida, favorendo la formazione di nubi e precipitazioni, generalmente maggiori nelle zone montuose rispetto a quelle pianeggianti. In diverse parti dell’arco Alpino, infatti, le precipitazioni superano i due metri all’anno, mentre le piogge annuali nella pianura padana spesso non raggiungono un metro. Da qui è partita la ricerca confrontando due diversi periodi storici. 

Per verificare l’impatto delle attività umane sulla ripartizione delle piogge tra le zone montuose e quelle pianeggianti, i ricercatori hanno preso in esame due distinte fasi storiche: la prima, dalla metà del secolo scorso fino agli anni ’80, “ha appunto registrato in pianura una diminuzione delle piogge, rimaste costanti in altura. Nella seconda fase, fino ai giorni nostri, le maggiori variazioni di precipitazione sono state osservate nelle zone montane“, spiega l’Università Milano-Bicocca.

La diminuzione della pioggia al Nord è considerata una possibile conseguenza del riscaldamento globale in atto, spiegano i ricercatori. “La diversa ripartizione, invece, tra pianura e montagna, rappresenta una novità”. In particolare, il maggior divario tra piogge in quota e a valle si registra negli anni ’80. La causa andrebbe ricercata proprio nel pulviscolo atmosferico: le polveri derivanti dalle attività antropiche hanno raggiunto il picco massimo a metà del decennio, con una successiva diminuzione associata all’introduzione dei limiti normativi. Il pulviscolo svolge un ruolo fondamentale nella formazione delle nuvole e, offuscando il sole, provoca una diminuzione della temperatura al suolo, modificando la dinamica atmosferica. “L’inquinamento può quindi determinare quanta pioggia cada in pianura e quanta alle altitudini più elevate”. Nella pianificazione e gestione delle risorse idriche, spiega allora Pasquero, “le regioni del Nord Italia dovranno considerare, accanto agli effetti del riscaldamento globale, anche le emissioni locali di inquinanti. Solo in questo modo si potranno preservare le risorse idriche montane, che fino ad oggi hanno garantito il forte sviluppo della società nella Pianura Padana”.


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