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Anziani truffati in tutta Italia, sgominata la banda dell'”avvocato Molinari”

La base operativa era a Napoli, dove l'organizzazione aveva legami col clan Contini

Pubblicato:30-09-2016 16:07
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:07

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telefonata_cellulare BOLOGNA – Truffavano persone anziane usando il sistema della ‘cauzione’ da pagare per il rilascio di un parente fermato dopo un incidente stradale, e con questa tecnica avevano realizzato, o in alcuni casi solo tentato, 43 colpi in tutta Italia, incassando in media, quando il raggiro riusciva, tra i 1.000 e i 1.200 euro. Il loro business è però stato smantellato nelle prime ore di questa mattina, quando a Napoli i Carabinieri di Bologna, supportati dai colleghi campani, hanno eseguito nei confronti di nove persone un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip bolognese Ines Rigoli per associazione a delinquere. In quattro sono finiti in carcere, altri quattro sono ai domiciliari, mentre il nono componente della banda si trova all’estero ed è ancora ricercato. Oltre a loro sono indagate 12 persone, coinvolte a vario titolo nelle truffe.

anzianiIl canovaccio, spiega in conferenza stampa il comandante del Reparto operativo dei Carabinieri di Bologna Fernando Cassanelli, “era sempre lo stesso: uno di loro, che si presentava come ‘avvocato Molinari‘, telefonava alla vittima dicendole che il figlio era trattenuto in caserma dopo un incidente perché privo assicurazione, e che doveva pagare una cauzione, altrimenti il figlio avrebbe rischiato il carcere”. Il finto avvocato “diceva poi di chiamare i Carabinieri, fornendo un numero falso“. Allora la vittima chiamava, ma il truffatore rimaneva in linea; il tutto nel lasso di tempo di un minuto durante il quale la vittima credeva di chiamare la Caserma, “ma in realtà chiamava la stessa utenza, e le rispondeva il sedicente ‘maresciallo Primo‘, che confermava la storia”. A questo punto la vittima richiamava il legale, che le diceva “che avrebbe mandato qualcuno a ritirare i soldi”, cosa che avveniva dopo pochi minuti.

CarabinieriDalle indagini, svolte tra gennaio e aprile, e coordinate dal pm di Bologna Marco Forte, è emerso che la banda, che aveva la propria base operativa a Napoli, si divideva in due ‘batterie’. C’erano una cellula di telefonisti (normalmente tre persone), che dal capoluogo campano “individuavano le potenziali vittime consultando siti come paginebianche.it o inelenco.com, che forniscono numeri e indirizzi, per poi contattarle spacciandosi per avvocati e Carabinieri”, e una di ‘emissari’ presenti sul territorio: di solito due persone scelte tra i componenti più giovani, incaricati di fare i sopralluoghi e di riscuotere le cauzioni. Le investigazioni, fanno sapere Cassanelli e il comandante provinciale dei Carabinieri Valerio Giardina, “sono state svolte tramite pedinamenti e intercettazioni”, queste ultime “particolarmente difficoltose, dato che i truffatori cambiavano telefono e scheda sim praticamente a ogni colpo”. Non a caso, affermano, nelle perquisizioni sono state trovate centinaia di sim, oltre a contanti e soldi falsi. L’organizzazione, svelano poi i Carabinieri, era collegata al clan Contini di Napoli, a cui versava una tangente, indicata nelle conversazioni intercettate come ‘pesone’ o ‘carosiello’. Dal momento che solo nove delle 43 truffe si sono svolte nel bolognese (in città e a Castenaso), e che la banda faceva base a Napoli, la Procura ha deciso di rimettere gli atti al capoluogo campano, proseguendo le indagini solo per i casi riguardanti Bologna e provincia. Altri filoni di indagine saranno portati avanti dalle Procure delle altre città in cui si sono consumate le truffe, tra cui, in Emilia-Romagna, Ferrara, Modena e Parma.


Non nasconde la sua soddisfazione per l’esito di quella che i Carabinieri hanno chiamato ‘Operazione Avvoltoio’, che ha avuto una svolta il 13 aprile quando due degli ‘incaricati dell’avvocato Molinari’ sono stati arrestati in flagranza di reato, il procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato, secondo cui “l’operazione ha un importante valore simbolico, perché si inserisce nell’attività di contrasto che si sta portando avanti contro questi crimini particolarmente odiosi”. Ancora più odiosi, aggiungono i Carabinieri, perché “non solo colpiscono persone indifese, privandole di soldi e preziosi (a volte i truffatori si facevano consegnare anche la fede nuziale), ma anche perché, se le vittime ‘nicchiavano’, queste persone non esitavano ad usare toni minacciosi nei loro confronti, con frasi come: ‘Allora lei vuole che suo figlio resti in carcere‘”. Inoltre, sottolineano il procuratore e i Carabinieri, “non va dimenticata l’attività di prevenzione contro questi reati, con incontri pubblici nei centri anziani, nelle scuole, e anche nelle chiese, che stanno dando i loro frutti”. Infatti, conferma il comandante della Compagnia ‘Bologna Centro’ Giuseppe Musto, “sempre più spesso sentiamo dire dalle persone anziane che non sono cadute nella trappola tesa dai truffatori proprio perché hanno partecipato a uno di questi incontri pubblici”. I Carabinieri, infine, tengono a ringraziare la Procura “perché ci ha spronato a proseguire le indagini, permettendoci così di non fermarci al singolo caso, ma di portare alla luce l’intera rete”. E proprio “per questa ragione- concludono- è stato possibile arrivare a contestare, in questo caso, l’associazione a delinquere”.

di Andrea Mari, giornalista professionista

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