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Sottufficiale della Marina morto per esposizione all’amianto: ai parenti 1,3 milioni di risarcimento

Come spiega il giudice Claudio Patruno nella sentenza: "Nè tute, guanti, o maschere filtranti venivano fornite all'equipaggio"

Pubblicato:30-08-2022 17:26
Ultimo aggiornamento:30-08-2022 17:27
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giustizia
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NAPOLI – È pari a 1,3 milioni di euro il risarcimento che il ministero della Difesa deve ai parenti del sottufficiale motorista napoletano Camillo Limatola deceduto per mesotelioma da esposizione ad amianto il 1 agosto 2013 a 59 anni. A disporlo una sentenza del Tribunale di Roma. Limatola era stato dipendente della Marina tra il 1973 e il 1978, alla base militare de La Maddalena, in Sardegna, e in quella di Napoli, città di cui era originario e in cui vive tuttora la vedova, e imbarcato anche sull’incrociatore Vittorio Veneto.

“Dagli atti prodotti, richiamati per sintesi nella fase dello svolgimento del processo, emerge come sia negli ambienti in cui il Limatola ebbe a svolgere servizio sia a bordo delle navi in cui fu imbarcato, era presente e frequente l’amianto”. Così il giudice Claudio Patruno nella sentenza che sottolinea come “Nè tute, guanti, o maschere filtranti venivano fornite all’equipaggio”, e che non erano presenti “adeguati sistemi di depurazione dell’aria, o sistemi di isolamento sicuro del minerale”. “L’attività dell’equipaggio imbarcato – scrive ancora il giudice – avveniva inoltre in locali abbastanza angusti, cosa che favoriva un’alta concentrazione delle fibre di amianto nell’aria”. “Anche nella sede della base della Marina Militare di Napoli – si legge sempre nel dispositivo – il minerale era stato ampiamente utilizzato, sia in forma compatta che fibrosa, ed anche in questa sede il personale lavorava senza adeguata protezione. La situazione della base di Napoli è stata peraltro confermata dalla documentazione di indagine della Procura della Repubblica di Padova”.

Nel 2011 a Limatola fu diagnosticato il mesotelioma e prima di morire ottenne il riconoscimento di vittima del dovere e la liquidazione della speciale elargizione e dei doverosi riconoscimenti ai familiari, avuti dopo numerose diffide del presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, l’avvocato Ezio Bonanni, legale della famiglia. Consapevoli che il mesotelioma derivi dall’amianto presente sulle navi dove aveva lavorato il loro congiunto, la vedova, Maria Rosaria Ducadeo, e i figli Antonietta e Vincenzo, decisero anche di ottenere dal ministero della Difesa il giusto risarcimento di tutti i danni.


Un’altra sentenza fondamentale – dichiara Bonanni – per il riconoscimento anche del danno psicologico sofferto dai familiari delle vittime, che possono cadere in forte depressione per quella che considerano a tutti gli effetti un’ingiustizia. Morire al lavoro è qualcosa che non può essere accettato”. “Per noi era importante avere avuto giustizia – le parole del figlio di Limatola Vincenzo – perché la nostra famiglia ha patito enormi sofferenze dopo la terribile diagnosi e la morte di papà”

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