VENEZIA – “E’ un film a meta’ tra Cassavetes e Mario Merola”, scherza il regista Mario Martone in conferenza stampa alla Mostra del Cinema di Venezia, dove torna a un anno dall’acclamato “Capri Revolution” e presenta con queste parole il suo nuovo film, “Il Sindaco del Rione Sanita’, in concorso alla kermesse.
MARTONE E EDUARDO DE FILIPPO
Martone si confronta per la prima volta con un’opera di Eduardo De Filippo e la porta al Cinema, dopo l’esperienza teatrale con un gruppo di giovani attori indipendenti del NEST (Napoli est teatro) di San Giovanni a Teduccio, in una palestra trasformata in un teatro di 100 posti; il loro desiderio era mettere in rapporto il testo dell’opera con la realta’ difficile che vivono nel quotidiano.
E’ li’ che, racconta il regista, e’ nata l’idea di una trasposizione sul grande schermo. Protagonista, a teatro come al cinema de “Il Sindaco del Rione Sanita’”, l’attore Francesco Di Leva, a cui si deve la concessione dei diritti dell’opera da parte di Luca De Filippo, figlio di Edoardo, prima della sua scomparsa.
Felpa, cappuccio in testa e panca dove fare gli addominali sul balcone di casa, Francesco Di Leva alias Antonio Barracano e’ un moderno pugile-giustiziere, fedele pero’ ‘alla moralita” del protagonista del testo di De Filippo.
Il testo dell’opera a sua volta ha subito una trasformazione “nel sound– come raccontato dall’attore Adriano Pantaleo (Catiello nella pellicola)- Mario una volta ci disse: “Questo testo e’ come uno spartito musicale. Puo’ essere suonato come musica classica, ma noi dobbiamo suonarlo come rap”. E il rap e’ presente non solo nel linguaggio filmico, ma anche nella colonna sonora. Ad aprire e chiudere la pellicola sono infatti le musiche del napoletano Ralph P., ex pizzaiolo scoperto da Martone durante i provini della messinscena teatrale di Eduardo De Filippo.
Altro importante elemento distinzione tra la pellicola e l’opera teatrale di De Filippo e’ una scelta stilistica, definita dal regista necessaria al fine di attualizzare il messaggio che il grande autore napoletano voleva diffondere. Cosi’ al posto del monologo finale del dottore, Martone si affida alle immagini, cancellando le parole senza speranza del medico, che predicevano ancora lotte sanguinarie.
Che il sangue continuera’ a scorrere lo sappiamo ugualmente, ma “lo spettacolo originale e’ andato in scena a San Giovanni a Teduccio, non potevo far dire al medico quelle parole- ha spiegato Martone, che ha teso a precisare- Quel testo negli anni ’60 aveva una presa civile, oggi quelle parole sarebbero suonate retoriche”. A chi gli chiede infine se pensa che la situazione di Napoli possa migliorare in futuro Martone risponde: “Credo che tra 30, 40 o 50 anni sara’ ancora cosi'”, per questo e’ importante il gesto del singolo, tema messo al centro della pellicola. E’ necessario “assumersi personalmente la responsabilità di un’azione che puoi influire sulla società”.