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Tigray, il politologo etiope Girma: “Nobel per la pace sconfitto due volte”

Per l'esperto "le foto e i video in arrivo da Macallè confermano che Abiy non è riuscito a creare quel solco che avrebbe voluto separasse le comunità locali dal Tplf"

Pubblicato:30-06-2021 19:28
Ultimo aggiornamento:30-06-2021 19:29
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ROMA – “Abiy Ahmed ha subito una sconfitta militare ma anche politica: i dirigenti del Tplf mantengono la presa sulla popolazione del Tigray, non rinunciano affatto al potere e considerano il primo ministro un nemico assoluto”. A parlare con l’agenzia Dire è Mohammed Girma, politologo etiope, ricercatore alla University of Roehampton a Londra.

Fonti concordanti hanno riferito che, dopo la presa del capoluogo Macallè, le forze del Tplf sono entrate ieri anche nella città di Scirè. Le operazioni militari non si sarebbero dunque fermate nonostante il cessate il fuoco proclamato lunedì dal governo federale e il contemporaneo ritiro delle sue truppe.
“L’esercito inviato da Addis Abeba avrebbe abbandonato il Tigray anche a seguito di rappresaglie da parte della popolazione dopo mesi di denunce di esecuzioni sommarie e abusi a danno di civili” sottolinea Girma. “Le foto e i video in arrivo da Macallè confermano che Abiy non è riuscito a creare quel solco che avrebbe voluto separasse le comunità locali dal Tplf”.

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Secondo il politologo, autore di analisi anche per portali come The Conversation e African Arguments, la sconfitta per il primo ministro non riguarda solo la campagna militare avviata il 4 novembre e dichiarata conclusa in modo vittorioso il 28 dello stesso mese. A rischio sarebbe tutto un progetto politico, che avrebbe dovuto consentire di superare l’egemonia ventennale sulla politica federale esercitata del Tplf, acronimo del Fronte popolare di liberazione del Tigray.

“Nel 2018 – sottolinea Girma – fondando il suo Partito della prosperità Abiy ha interpretato le aspirazioni di tanti perché si rafforzasse un’idea nazionale unitaria e fosse invece ridotto il peso delle appartenenze comunitarie, che fossero tigrina, amhara od oromo”. Il Tplf si è sempre opposto al progetto del capo del governo, il primo con origini oromo, la comunità più numerosa d’Etiopia.

Nel 2019 il Fronte ha anche rifiutato lo scioglimento che ha invece riguardato l’alleanza federale al potere per 20 anni, di cui faceva parte, con la componente tigrina in posizione centrale.
Secondo Girma, oggi come ieri a preoccupare è anche la tendenza delle elites etiopi “a non dialogare e a considerarsi piuttosto nemiche tra loro”. La tesi è che il Tplf sia pronto a tutto pur di non lasciare il potere. “Lo ha dimostrato già nel 2005, quando ebbe un ruolo decisivo negli arresti degli oppositori e dei giornalisti dopo le elezioni” dice il politologo. Convinto che il Fronte popolare di liberazione del Tigray sia divenuto ancora più intransigente nei confronti di Abiy dopo il suo accordo di riconciliazione con l’Eritrea, che gli era peraltro valso nel 2019 il Nobel per la pace. “Per il Tplf – dice Girma – quello è stato l’ennesimo schiaffo”. Truppe eritree sono intervenute in Tigray al fianco dell’esercito federale dopo l’inizio dell’offensiva di novembre. Secondo fonti concordanti, non hanno ancora lasciato del tutto la regione nonostante l’avanzata del Tplf.


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