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Torna la politica in piazza, è Casapound: “Liberi… dalla mascherina”

"Ci hanno provato in tutti i modi a togliercela, ma se ne vanno affanculo", è il ramoscello d'ulivo che Marsella porge alla sindaca, all'Anpi e pure a Fratoianni.

Pubblicato:30-05-2021 11:22
Ultimo aggiornamento:30-05-2021 11:22

casapound manifestazione
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ROMA – La politica si riprende la piazza e lo fa con Casapound, il movimento oscurato dai social, il 9 settembre del 2019. Ai ‘fascisti del terzo millennio’ non tocca l’amata piazza Venezia, ma Santi Apostoli, location cult dell’Ulivo. E al posto del balcone da cui Mussolini arringò le folle a piazza Venezia, c’è quello che vide Romano Prodi e Arturo Parisi festeggiare con sobrietà emiliana l’avvento del primo governo di centrosinistra.

Ma Luca Marsella, il 36 enne leader delle ‘tartarughe’, non avverte il peso della storia. La manifestazione è un mezzo miracolo. “Ci hanno provato in tutti i modi a togliercela, ma se ne vanno affanculo”, è il ramoscello d’ulivo che Marsella porge alla sindaca, all’Anpi e pure a quel Fratoianni “che s’è attaccato ar cazzo come tutti l’altri”.

In fondo, la chiamata alle armi (“spirituali”) funziona lo stesso anche se non è l’ora delle decisioni irrevocabili. “Oggi ci riprendiamo la nostra libertà”. E i meno di duemila in piazza si spellano le mani. Libertà dalle mascherine, in primo luogo. Perché anche se sono obbligatorie, e in special modo in occasione di assembramenti, tra i militanti sono quasi una rarità. A cominciare dallo stesso Marsella, che non a caso mette le mani avanti. “Ve lo dico già da ora: domani i giornali scriveranno ‘gli assembramenti di Casapound senza mascherina’. Ma a noi non ce ne frega un cazzo. Non erano assembramenti quelli del 25 aprile?”.


Libertà dal ddl Zan. Perché Marsella sostiene che dietro il disegno di legge contro l’omotransfobia si nasconde “l’utero in affitto e le adozioni gay”. Ai suoi chiede il sacrificio estremo: “Dobbiamo essere pronti a farci arrestare”.

Gran sventolio di bandiere. Libertà – chissà perché – anche dal green pass. “Non siamo negazionisti ma abbiamo il sacrosanto diritto di essere contro il pass vaccinale”, tuona dal palco. Stavolta l’applauso è meno convinto. I fascisti del terzo millennio hanno voglia di viaggiare. Non sarà una marcia su Roma, ma una gita fuori regione, perché no? Marsella deve spiegare. “Perché magari poi il pass ci servirà per andare al cinema e allo stadio e senza accorgerci, magari per una multa non pagata, saremo classificati cattivi pagatori e non ci apriranno le porte del supermercato…”. L’uditorio resta sullo scettico.

Libertà infine dai Fedez in politica. “Quello dello smalto per uomini, lo conoscete? Il testimonial di Amazon. Questi Fedez sono delle marionette, e noi gli taglieremo i fili quando impareremo a ignorarli. Intanto dobbiamo fare i conti con la realtà: la politica oggi è fatta dagli influencer”. La chiusura riecheggia Giovanni XXIII. “A pochi metri da qui c’é l’Altare della patria. Passateci e portate il saluto del Tricolore”.

E’ il segnale atteso. Si forma il corteo, cerchera’ di sfondare il cordone di polizia all’imbocco della piazza? Nient’affatto. Forse per il contagio dell’Ulivo, in ogni caso prevale la mediazione. “Stiamo buoni buoni, cinque minuti, noi sfiliamo e ce ne andiamo”. Permesso accordato. Così la manifestazione si incanala in un corteo che osserva da lontano il famoso balcone di “vincere e vinceremo”, e poi sfila lungo via dei Fori Imperiali. Grande onore. Qualcuno azzarda il saluto romano, ma con la mascherina che sventola al polso, non è la stessa cosa.

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