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I bimbi hanno disturbi del sonno o dell’alimentazione? Attenti ai conflitti tra genitori

Sono diversi i segnali del disagio. Ne parla la psicologa Chiara Lamuraglia, alla prima giornata del 75esimo congresso italiano di Pediatria a Bologna

Pubblicato:30-05-2019 07:33
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:20
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ROMA – Dove è andato papà? Tornerà questa volta? Dov’è la mamma? Quando tornerà? Durante i mesi o gli anni che precedono una separazione familiare, nello scatenarsi dei conflitti interparentali, sono queste le domande che attanagliano la mente dei bambini.

Diversi i segnali del disagio portati alla luce dalla psicologa Chiara Lamuraglia, alla prima giornata del 75esimo congresso italiano di Pediatria a Bologna.

La crisi familiare, infatti, è argomento sensibile tanto per i genitori quanto per i pediatri che assistono le famiglie. I momenti di crisi, spiega la psicologa, “rendono traballante l’individuazione dei punti di riferimento dei bambini e degli adolescenti”. La fascia 9-12 anni può sperimentare “imbarazzo, vergogna o tentativi di mascherare le proprie emozioni nascondendo una chiara richiesta di aiuto”.


Quella dai 13 ai 18 anni, invece, può essere travolta da forti sentimenti di confusione che li porta a “prendersi cura di sé stessi da soli o addirittura a sperimentare un’inversione di ruolo, se non ad infilarsi nel mezzo della crisi di coppia” e questo può inasprire la loro sofferenza.

Al livello generale poi, i bambini e gli adolescenti che “non hanno possibilità di mentalizzare o esprimere il loro malessere a parole lo fanno attraverso il corpo che diviene un veicolo per comunicare il disagio: malesseri fisici, cefalee, dolori addominali, spesso privi di cause di natura organica”, continua la psicologa.

I campanelli d’allarme però ci sono e possono essere riconosciuti: dai “disturbi del sonno o dell’alimentazione al calo di rendimento scolastico, fino a forme di chiusura relazionale e sintomi psicopatologici chiari”. Ciò che è importante da tenere a mente è che, “quando in consulenza i genitori vengono e chiedono se sia meglio il conflitto o la separazione, dobbiamo essere consapevoli che se la separazione si viene a configurare come un processo protettivo per i figli, allora rappresenta un fattore di rischio minore“.

Il conflitto interparentale può essere, infatti, un fattore di rischio maggiore perché può precedere la separazione “di mesi se non di anni e i bambini per tutto quel lasso di tempo ne sono sottoposti”. Figuriamoci, aggiunge la psicologa, quando “nel peggiore dei casi quel conflitto si trasforma in violenza domestica”.

L’ostilità tra i genitori produce inoltre una serie di effetti su diverse aree del funzionamento del bambino. “Dai disturbi del sonno all’internalizzazione o viceversa dei problemi, fino alla crescita delle difficoltà scolastiche, i problemi di salute fisica, lo stress relazionale e la trasmissione intergenerazionale della psicopatologia”, prosegue la psicologa.

Risulta chiaro, quindi, come ci siano degli specifici bisogni dei bambini figli di genitori separati che vanno sempre e comunque tenuti in conto quando ci si rapporta con loro. Il pediatra può svolgere per questo un ruolo molto importante e deve il più possibile, a detta della dottoressa, “cercare di cogliere i segnali di stress nella relazione di coppia, evitando sempre, però, di cadere nelle trappole relazionali”. Queste, spesso in agguato in fase di conflitto, fanno riferimento “alla possibilità di allearsi con uno dei due genitori, perché reputato il più presente o il più sensibile”. Tra le altre raccomandazioni per il pediatra c’è l’attenzione da riservare ai fratelli del bambino preso in cura che, se adolescenti, “possono mascherare le proprie richieste di aiuto” per non appesantire ulteriormente i genitori. Quella “sofferenza è da indagare e approfondire”, puntualizza Lamuraglia.

Infine, è importante fare rete “con altri professionisti dalle aree giuridiche a quelle di salute mentale per mettere insieme più competenze” che permettano di riconoscere in maniera precoce “i segnali di disagio del bambino”. Il pediatra sì, ma gli adulti in generale devono seguire parole chiave quali “spiegare, ascoltare e rassicurare” i bambini o i ragazzi che vivono una separazione o un conflitto interparentale, evitando sempre di trasformarli in “consolatori, sostituti, mediatori, pacieri” se non addirittura “in spie”.

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