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Bassetti a #mandaloadire: “Bucci orgoglio di Genova, bis al primo turno ma comunichi meglio”

"Troppi mugugni; diventiamo l'isola sanitaria per lombardi e piemontesi"

Pubblicato:30-04-2022 15:10
Ultimo aggiornamento:19-05-2022 11:04

bassetti concorda con meloni
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GENOVA – “Il prossimo sindaco di Genova sarà Marco Bucci, che vincerà al primo turno senza grandi problemi, perché ha lavorato bene, è un orgoglio di questa città e non può che essere lui il nuovo sindaco di Genova”. Non ha dubbi Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino e uno degli infettivologi più noti d’Italia. È lui il nuovo protagonista di #mandaloadire, la rubrica dell’Agenzia Dire dedicata alle elezioni amministrative che chiameranno il capoluogo ligure alle urne il prossimo 12 giugno.

Non ha certo bisogno di presentazioni, anche se la grande visibilità avuta nei mesi della pandemia l’ha pagata a caro prezzo. Insulti sui social, minacce per strada, telefonate da sconsiderati… un crescendo che, a un certo punto, lo ha fatto sbottare e pensare di andarsene. Di nuovo. Ma non accadrà, almeno non a breve. Perché Matteo Bassetti, a Genova tiene molto. E lo dimostra raccontandoci la sua idea di città.

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Non credo che sul bis di Bucci ci possa essere alcun dubbio– ribadisce- saremo tutti contenti se sarà sindaco anche per i prossimi cinque anni. Il problema non sarà oggi, ma tra cinque anni: chi potrà sostituire un bravo sindaco come Marco Bucci?”. Un attestato di stima senza esitazione alcuna. Qualcosa, però, si potrebbe fare meglio.

GENOVA, LE COSE DA MIGLIORARE

“Questa amministrazione ha lavorato molto bene, ma una cosa che un po’ è mancata è che non è stata in grado di comunicare con i genovesi le cose che stava facendo. Per esempio, la pista ciclabile in corso Italia per me è un’iniziativa straordinaria, ma andava comunicata meglio, spiegata meglio”. Ecco, dunque, una proposta concreta: “Credo che uno sportello del cittadino in cui si comunicano le cose che si fanno e qual è l’obiettivo l’avrei fatto”.

Anche perché, per Bassetti, di cose se ne fanno tante e bene. È, infatti, proprio “il piglio del fare” l’elemento che va preservato degli ultimi cinque anni di governo della città: “L’idea iniziale di questa amministrazione era di fare e ha fatto moltissimo- sostiene- finalmente una città che ha dei cantieri, che cambia. Dopo le Colombiadi, dopo l’amministrazione Pericu, questa è stata la prima giunta che sta cambiando la città e la cambierà ancora molto. E molte cose sono cambiate nonostante le avversità: il ponte Morandi è caduto in questa amministrazione, ma nell’ambito dello stesso mandato è stato costruito un ponte nuovo. La voglia di fare e fare bene, di metterci la faccia, è molto nuova per noi genovesi ed è qualcosa che alla fine credo sia piaciuta”.

Qualcuno in passato, soprattutto durante la campagna elettorale delle scorse regionali, aveva provato a tirarlo in ballo per un possibile incarico politico. Lui ha ringraziato, rifiutato ed è andato avanti col suo lavoro. Ma uno sguardo attento sulla città, oltre alle dinamiche sanitarie, lo tiene sempre. E non ha difficoltà a descriverne quelli che, a suo dire, sono i difetti di oggi: “Rimane sempre una città molto ‘mugugnona’, resta insito nel carattere del genovese guardare il fatto negativo piuttosto che le positività. Sono stato via dieci anni, ma quando sono tornato l’ho ritrovato forse anche peggiore di prima”.

Il secondo appunto è che “Genova è troppo sindacalizzata”. Concetto che ha bisogno di una spiegazione: “Si mette sempre davanti l’interesse personale a quello della città: non vale solo per i dipendenti pubblici, ma anche per gli imprenditori che troppo spesso portano a casa i frutti, senza reinvestirli sul territorio. Prova ne è che, se togliamo il porto, non abbiamo altre grandi imprese”.

L’elemento positivo arriva nel terzo punto utilizzato da Bassetti per descrivere la Genova di oggi, che il medico vede “più conosciuta, rispetto anche solo a cinque anni fa”.

Certo, ammette, uno dei motivi principali è stato senza dubbio il crollo del Ponte Morandi che, però, ha portato con sé “la scommessa della costruzione del Ponte San Giorgio, un momento in cui abbiamo potuto affermare che il genovese è laborioso, testardo e riesce nelle sue imprese. Lo avevamo visto anche con le alluvioni, quando dicevamo che ‘noi non ci pieghiamo’. Così il ponte ha permesso a Genova di essere più conosciuta nel mondo”.

E, per dimostrarlo, utilizza un aneddoto personale: “Quando dovevo dire dov’era Genova dieci anni fa, spesso dicevo ‘near Monaco’; oggi, se dico ‘Genova’, tutti mi dicono ‘il ponte’, ma non tanto per la negatività del Morandi, quanto per tutto quello che ha portato con sé la ricostruzione. Poi, anche il covid ha portato questa città molto alla ribalta, quantomeno a livello italiano”.

LA GENOVA DEL FUTURO

Ma come vorrebbe Bassetti la Genova del futuro? “Sicuramente una città più meritocratica, dove contano meno i nomi delle grandi famiglie e i poteri da cui arrivi, e conta di più quello che sei e che hai espresso nel tuo lavoro e nella tua vita: vorrei vedere più merito e più competenze”.

Genova, poi, deve essere “più internazionale: vorrei che si venisse in Liguria non per visitare solo le Cinque Terre e, poi, forse, anche Genova. Vorrei che si venisse in Liguria per andare a Genova e poi si andasse anche a visitare le Cinque Terre”. Per questo, sostiene l’infettivologo, “ci vuole una maggiore vocazione turistica e una maggiore internazionalizzazione”. Ed è indispensabile “un cambio pesante della nostra mentalità: vorrei vedere una città più organizzata e più ospitale, una città in cui, se devo fare il congresso mondiale delle malattie infettive, non ho problemi a trovare un posto letto, un centro congressi adeguato, trasporti”.

La Superba di domani deve anche essere “una città meglio connessa. Facendo il mio lavoro, qualche volta mi viene la tentazione di dire ‘me ne vado da Genova’: non perché non ami questa città, la amo profondamente, ma ogni volta che devi spostarti per andare da qualche parte sembra che cada il mondo. Abbiamo difficoltà anche semplicemente ad andare a Roma e Milano, per non parlare dell’interscambio con il resto del mondo: abbiamo un aeroporto ridicolo, per non parlare di treni, strade e autostrade. Quindi, sui trasporti, sulla viabilità e sulla connettività bisognerà fare tantissimo”.

Insomma, anche e soprattutto dopo lockdown e pandemia, Genova deve “smetterla di fare la ‘mugugnona’ che guarda solo al suo angoletto, ma deve levarsi le maschere e aprirsi al mondo. La città ha alcuni brand su cui deve saper puntare. Ad esempio, c’è il brand di alcune località turistiche e bisogna saperselo portare a casa: Portofino è in provincia di Genova, dobbiamo fare squadra per far capire che Genova non è solo la città, ma tutti i dintorni”.

Tra -come li chiama lui- i “brand” della città, c’è anche la sanità. “Genova col covid ha avuto un nuovo rilancio, da ‘solo il Gaslini’ si è fatto vedere che ci sono anche il San Martino, il Galliera, il Villa Scassi, che si sono dati da fare e hanno fatto meglio di tanti altri in tante altre regioni: c’è un sistema sanitario regionale che funziona bene. Ora dovremmo passare dalle fughe sanitarie alla capacità di attirare prestazioni sanitarie. Dobbiamo invertire la morsa mortale che abbiamo subito per anni dalla Lombardia: se sapremo fare bene, nei prossimi anni dobbiamo diventare l’isola dove i lombardi e i piemontesi vengono a curarsi. Lo si può fare esclusivamente se sapremo premiare il merito e portare a casa i migliori”.

Per questo, detta la linea, “dobbiamo essere in grado di portare a casa i professionisti migliori, dobbiamo essere molto selettivi: Genova deve diventare un punto di arrivo”. Insomma, sostiene Bassetti, “un medico deve essere contento di venire a lavorare a Genova non perché è genovese, ma perché Genova rappresenta uno dei migliori sistemi sanitari italiani. Io sono tornato a Genova non perché Genova è la migliore, ma perché sono genovese e sono innamorato di questa città. Vorrei che, se un domani ci fosse qualcuno che torna a casa dopo aver lavorato fuori, non lo faccia solo perché è genovese e gli piace vivere vicino al mare, ma perché torna in una città che è al top”. Anche in questo senso, il medico vorrebbe “una città più internazionale, che dopo il covid sa attirare di più i turisti. Le tre vocazioni potenziali del futuro di questa città devono essere: il porto, il turismo e l’attrattività sanitaria”.

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