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Regeni, Brighi (University of Westminster): “Documentario mostra collusioni italiane”

Il reportage tenterebbe di attribuire l'assassinio di Giulio ai Fratelli musulmani, promuovendo l'ipotesi di una "manovra esterna" per danneggiare i rapporti Italia-Egitto

Pubblicato:30-04-2021 14:30
Ultimo aggiornamento:30-04-2021 16:11

giulio regeni
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ROMA – “Lo pseudo-documentario sul caso Regeni che da ieri circola in rete è terribile dal punto di vista umano e un fatto grave sul piano politico, ma almeno è utile perché, per la prima volta, abbiamo la dimostrazione schiacciante del fatto che ci sono pezzi dello Stato italiano che hanno abbracciato l’agenda politica dell’Egitto. Quel filmato è una ‘chiamata alle armi’ di chi vuole a tutti i costi che la verità non venga fuori, scagionando le istituzioni egiziane da ogni responsabilità, per il bene di interessi precisi”. Questa l’analisi che Elisabetta Brighi, docente di Relazioni internazionali alla University of Westminster, illustra all’agenzia Dire a proposito di ‘The Story of Regeni’, documentario uscito ieri che lascia nell’ombra autori e produttori, e contiene testimonianze e racconti di figure egiziane ma soprattutto di personalità italiane di rilievo.

Esperta in relazioni tra Italia e Paesi mediorientali, Brighi segue sin dall’inizio il caso del ricercatore friulano sequestrato e ucciso al Cairo nel 2016. La “chiamata alle armi” descritta cade in un momento non casuale: “Oggi (ieri, ndr) si sarebbe dovuto aprire il processo a Roma (poi slittato al 25 maggio per imprevisti dell’ultimo minuto, ndr.). Forse ci sono esponenti e istanze che si sentono sotto attacco”. Il riferimento è alla partecipazione nel documentario dell’ex ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri e dell’ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta, ma anche dell’ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica, Leonardo Tricarico, e dell’ex giornalista Rai Fulvio Grimaldi.

Una collaborazione “molto grave” secondo l’esperta, “perché l’Egitto è un regime che vive di operazioni mediatiche come queste“. Brighi aggiunge: “Attaccando la Procura di Roma hanno attaccato lo Stato italiano”.


La docente dice che spesso chi in questi anni ha tentato di ricomporre i rapporti tra i due Paesi ha chiamato in ballo “l’interesse nazionale”. “Ma io mi chiedo” riprende Brighi: “L’interesse di chi? L’interesse nazionale varia a seconda della linea politica che le istituzioni scelgono. Sappiamo però che interessi concreti ci sono: l’industria militare e il settore energetico hanno sempre spinto per pacificare i rapporti e discolpare l’Egitto”.

Il reportage tenterebbe di attribuire l’assassinio di Giulio ai Fratelli musulmani, promuovendo l’ipotesi di una “manovra esterna” per danneggiare i rapporti Italia-Egitto. “Si tratta di una vecchia tesi già ampiamente confutata- spiega Brighi- così come la presunta collaborazione della tutor di Cambridge con quel movimento politico”. In realtà, secondo la docente, dal colpo di stato del 2013, quando il generale Al-Sisi depose il presidente e leader della Fratellanza musulmana, Mohamed Morsi, “ogni problema viene attribuito ai Fratelli musulmani”. Brighi continua: “Sul sospetto di una presunta affiliazione, le forze di sicurezza arrestano e impirgionano i cittadini”.

Secondo l’esperta, “dato che il processo per la morte di Giulio si celebrerà con dei fantasmi (è stata negata l’estradizione dei quattro 007 egiziani imputati dalle indagini, ndr) aspettiamoci altre teorie e operazioni complottiste del genere”. Brighi dice che sarebbe urgente “convocare l’ambasciatore italiano per consultazioni, ma soprattutto l’ambasciatore egiziano per consultazioni”. Per la docente infine andrebbe approfondito il ruolo dei servizi segreti italiani. “Sapevano di Regeni – dice Brighi – ma non sono intervenuti per salvarlo”.

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