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Aiop Emilia-Romagna: “In aiuto del Servizio sanitario, ma non chiarezza del Pnrr sul personale”

L'intervista a Luciano Natali, presidente Aiop Emilia-Romagna

Pubblicato:30-03-2022 10:25
Ultimo aggiornamento:30-03-2022 10:26

dottore_medico
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ROMA – L’emergenza sanitaria non è finita ma si guarda già al futuro, a come mettere a sistema le risorse che arriveranno dal Pnrr. Telemedicina, ospedali e case di comunità, sempre più tecnologia a servizio del paziente sembrano essere oggi obiettivi perseguibili e a portata di mano. Una svolta epocale che può rilanciare la sanità nazionale e regionale. Ma servono anche le donne e gli uomini, quei medici e infermieri considerati ‘angeli’ fino a qualche mese fa per rendere questo ambizioso progetto realtà. Di questo e di molto altro l’agenzia di stampa Dire ha parlato con il dottor Luciano Natali, presidente Aiop Emilia-Romagna.

Presidente qual è oggi la più importante sfida di Aiop Emilia-Romagna? E come l’Associazione risponde alle istanze di salute che provengono dal territorio?
“La sfida di Aiop Emilia-Romagna coincide con quella del Servizio sanitario nazionale e regionale per costruire una nuova fase sanitaria post Covid. Il tema ruota intorno al recupero del territorio per intercettare i bisogni di salute prima che questi si trasformino in malattia. La prevenzione, la rapidità nella diagnosi per abbattere l’ospedalizzazione”.

L’emergenza sanitaria, nonostante si parli molto meno di Covid complice la guerra in Ucraina, non si è completamente dissolta. Qual è stato l’impegno profuso da Aiop Emilia-Romagna durante i mesi della pandemia? E come mettere a sistema la lezione appresa per essere preparati a rispondere ad una emergenza futura di tale portata?
“L’epidemia purtroppo non è finita. Non dobbiamo cadere nella trappola del ‘liberi tutti’ perché sarebbe davvero sbagliato. Le protezioni personali e le buone pratiche che abbiamo attivato in questi mesi secondo me dovrebbero ‘cadere’ con gradualità. Aiop Emilia-Romagna, nei mesi dell’emergenza, ha offerto un contributo straordinario e ha accolto migliaia di pazienti Covid positivi nelle proprie strutture, migliorando il livello assistenziale man mano che si conosceva di più il virus. Oggi non dobbiamo disperdere quel capitale di conoscenza che abbiamo accumulato in tutti questi mesi perché la battaglia non è vinta del tutto. Durante i mesi scorsi abbiamo messo a disposizione del Ssn e regionale le sale operatorie, gli ambulatori per effettuare le diagnosi e soprattutto per abbattere le liste d’attesa. È stato un lavoro impegnativo ma credo che insieme alle strutture pubbliche abbiamo contribuito a rendere meno drammatica la situazione che si era profilata inizialmente”.

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Il governo non richiederà più il green pass o l’obbligo delle mascherine. Come mantenere quelle cautele di cui lei giustamente parlava se cadono gli obblighi?
“I cittadini mettono in pratica ormai automaticamente determinate norme. Credo che queste vadano preservate. Anche le consuetudini acquisite dai bimbi a scuola vanno incoraggiate e non perse. Calare l’imposizione non deve far perdere abitudini virtuose.
Basti pensare che in questi anni, grazie all’uso delle mascherine, sono sparite le influenze invernali. La cultura acquisita ripeto non va dispersa anzi incentivata. Alcuni pensano che in autunno ci possa essere una recrudescenza del virus e anche in queste settimane registriamo ancora molti contagi. A maggior ragione prepariamoci per l’autunno prossimo e non gettiamo via quello che abbiamo costruito in questi mesi”.

Case e ospedali di comunità, telemedicina, nuove tecnologie queste le principali scommesse da realizzare nell’ambito della ‘Missione Salute’ grazie ai fondi del Pnrr che verranno ripartiti tra le Regioni. Qual è l’impegno di Aiop Emilia-Romagna per il futuro? “Posso dire che le difficoltà vissute in questi anni di pandemia sono state per me uno stimolo, quasi intrigante, per un cambiamento forte da realizzare sia nell’ambito della sanità nazionale che regionale. Il Pnrr ha una vocazione prevalente alla costruzione di spazi. Va considerato di conseguenza però che se vengono creati maggiori spazi e strutture dobbiamo preoccuparci di avere maggiori risorse umane, non solo economiche, per portarli avanti e gestirle. Servono quindi più medici e infermieri, ma il piano in questo senso non è chiaro ed è per questo che c’è molta preoccupazione. In ogni caso si tratta di un cambiamento molto forte, davvero epocale, che può spingere la nostra sanità attraverso la ridefinizione di una rete territoriale forte. Avere le case salute, gli ospedali comunità, i medici di base integrati con il sistema sanitario rappresenta un vero salto di qualità. Aiop Emilia-Romagna mette a disposizione le strutture, condivide gli obiettivi per non riempire i Pronto soccorso e per intercettare prima il bisogno di salute ‘minore’ ed erogare davvero un servizio sanitario ottimale per la popolazione. Dobbiamo avere risorse per attuare i servizi di telemedicina, l’assistenza domiciliare e su questo gli ospedali dell’Aiop, dislocati su tutto il territorio nazionale, possono fungere da preziosi Hub in modo che il medico di medicina generale, le case salute che devono erogare le prestazioni al paziente possano trovare in noi una risposta vera e concreta. Solo così possiamo fare rete e vincere tutti insieme. Anche gli ospedali accreditati Aiop devono essere al servizio del Ssn”.


Vuole aggiungere qualcosa?
“Vivo questa nuova fase come una opportunità e una spinta al cambiamento anche culturale di tutta la nostra sanità che ha già delle prerogative importanti. In Italia la sanità ha un livello discreto in termini di erogazione di prestazioni e cure rivolte alla popolazione. L’Emilia-Romagna rappresenta un punto, a mio avviso, più avanzato del nostro sistema nazionale. Bisogna fare ancora di più squadra e lavorare meglio nelle regioni considerate avanzate per offrire le prestazioni sempre più vicine al domicilio del paziente ed evitando inutili spostamenti”.

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