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Bologna, Adl Cobas evitano lo sfratto: bambini rischiano la Dad in strada

Il sindacato è rimasto in presidio per sei ore davanti alla casa di un'operaia di origini straniere che ha tre figli minorenni. La denuncia: "Le agenzie rifiutano di affittare agli stranieri e i servizi sociali non danno risposte"

Pubblicato:30-03-2021 15:11
Ultimo aggiornamento:30-03-2021 15:11
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Adl Cobas presidio contro sfratto bologna
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BOLOGNA – “Gli sfratti non sono bloccati. Gli sfratti per finita locazione proseguono e allo stesso tempo non vengono prese minimamente in considerazione le esigenze delle persone” alle prese con questo genere di situazioni. Vedere per credere, dice l’Adl Cobas, che oggi a Bologna è rimasto in presidio con i suoi attivisti per sei ore davanti alla casa di M. per impedire uno sfratto. M. è mamma di tre figli minorenni, operaia elettricista, cittadina italiana di origini straniere, vive in un appartamento in zona Bolognina con la madre e il marito, e oggi aspettava l’arrivo dell’ufficiale giudiziario per dare esecuzione dello sfratto. In casa, i figli sono collegati al pc, in didattica a distanza. Di servizi sociali non c’è traccia. Attacca il sindacato: “La situazione non è per niente ammissibile, anche perché in quest’abitazione ci stanno tre minori, che stanno facendo lezione in Dad e avrebbero dovuto proseguirla in strada”, se lo sfratto fosse stato eseguito. “Mi sono rivolta tante volte ai servizi sociali, ma non ho mai avuto risposte specifiche. Mi hanno aiutato per mandarmi da agenzie dell’affitto, sono registrata, ma nessuno mi ha mai richiamata. L’affitto non si trova, l’Acer non ci dà risposte…”, racconta M. “Mia figlia mi chiedeva stamattina, mamma ma se ci buttano fuori, dove devo fare la Dad?”.

Una situazione di difficoltà che è specchio dei tempi e su cui, per il sindacato di base, aleggia lo spettro della discriminazione. “Siamo qui con la signora che ha difficoltà a trovare un’altra abitazione perché le agenzie rifiutano di affittare a stranieri– evidenzia Davide, di Adl Cobas- allo stesso tempo ci siamo rivolti più volte ai servizi sociali, che per mancanza di risorse e disorganizzazione hanno sempre dato risposte evasive o consigliato di andare a vivere su qualche cocuzzolo in periferia”. A M. e alla sua famiglia la proprietà aveva ‘proposto’ un’alternativa a San Benedetto Val di Sambro o a Vergato. Soluzioni però troppo lontane che la famiglia ha dovuto rifiutare. L’avvocato “ha risposto ‘fate un po’ i preziosi'”, denunciano gli attivisti. Intorno alle 13 arriva l’ufficiale giudiziario: vista la situazione e la presenza di minori, ha rinviato l’esecuzione dello sfratto. Ora c’è altro tempo, ma solo fino al 28 aprile. Una boccata d’aria per la famiglia, ma la situazione, garantisce il sindacato, sarà monitorata con attenzione, anche perché “se non eravamo qui lo sfratto veniva eseguito. Da una parte viene detto ‘stai tranquillo’, dall’altro il Tribunale aveva dato mandato di renderlo esecutivo”.

Ma storie di questo tipo ci sono e sono in aumento, perché queste persone, che “hanno perso il lavoro, stanno aspettando la disoccupazione, i sussidi, non vedono un aiuto strutturale da parte dello Stato che eroga aiuti sulla logica del ‘chi arriva primo’, tramite il click, quando ci vorrebbe una mediazione delle Istituzioni”. E di conseguenza “viene a mancare una certezza come quella della casa, che è appunto l’anello di congiunzione tra lavoro e salute soprattutto in zona rossa, in tempo di pandemia”. Presente al presidio di oggi in Bolognina anche l’esponente di Coalizione civica e consigliere del Santo Stefano Detjon Begaj, che ‘smonta’ la narrazione di “servizi sociali efficienti e di politiche abitative all’altezza, perché questo non corrisponde alla realtà”. Secondo Begaj, l’esempio di oggi comunica che “un nucleo familiare che può permettersi di pagare un affitto viene espulso dal quartiere. Questa cosa è inaccettabile”. È il ‘sintomo’ di una città, Bologna, “che sta diventando respingente e inabitabile perché il mercato non ti consente di trovare casa. È tutto demandato ai privati che scelgono di discriminare le persone straniere nonostante abbiano delle garanzie”, mentre dall’altra parte “chi è povero non trova spazio nelle case popolari di cui Acer ha ridotto le graduatorie. Ci sono case murate che andrebbero recuperate, mentre Acer investe per aumentare il personale dello sportello disciplinare e invece le pratiche ordinarie hanno delle lungaggini incredibili”.


Ma tutto questo “compone un quadro di una città che ha bisogno a partire dalla prossima amministrazione di cambiare tantissimo rispetto alle politiche abitative e non solo, ma anche rispetto ai servizi sociali, perché questa famiglia che non trova risposta dai servizi sociali credo che sia inaccettabile. Devono rispondere e gli operatori sociali del Comune devono essere messi in condizione di lavorare. Meritiamo di più”, conclude Begaj.

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