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La pandemia soffoca il commercio al dettaglio: in Emilia-Romagna mai così male

In Regione a soffrire di più sono i negozi al dettaglio specializzati nel non alimentare, all’opposto iper, super e grandi magazzini ottengono l’aumento più alto mai rilevato

Pubblicato:30-03-2021 12:36
Ultimo aggiornamento:30-03-2021 12:37

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BOLOGNA – La pandemia rischia di spazzare via l’ultima resistenza del commercio al dettaglio all’avanzata della grande distribuzione. In Emilia-Romagna a soffrire di più sono i negozi al dettaglio specializzati nel non alimentare, mentre la perdita è molto più contenuta per quello alimentare: all’opposto iper, super e grandi magazzini ottengono l’aumento più alto mai rilevato. Nel complesso, il 2020 si chiude, stando ai dati di Unioncamere, con una perdita del 5,6%, peggiore risultato da sette anni, appena meno pesante di 2012 e 2013, ma, rispetto ad allora, la differenza è nella polarizzazione che vede il dettaglio molto più in difficoltà della gdo. Si è lievemente ridotta (-2%) la pressione sulla base imprenditoriale: probabilmente gli effetti della pandemia si manifesteranno una volta venuti meno gli strumenti di salvaguardia introdotti dal governo.

Nel quarto trimestre, con la recrudescenza della pandemia, le vendite a prezzi correnti hanno subito una nuova e più ampia flessione (-3,1%) rispetto allo stesso periodo del 2019. L’andamento non è stato, però, affatto univoco. Le vendite dello specializzato alimentare si sono ridotte solo dell’1,1%. Invece, il dettaglio specializzato non alimentare ha subito una caduta ben più ampia: -7,6%. Al contrario, iper, super e grandi magazzini hanno nuovamente beneficiato della situazione, grazie anche alle consegne a domicilio, ottenendo un nuovo aumento delle vendite, il più forte incremento tendenziale dall’avvio della rilevazione nel 2003 (+9,3%). Nel complesso il commercio al dettaglio ha risentito pesantemente degli effetti della pandemia e il 2020 si è chiuso il -5,6% delle vendite. Il fattore rilevante è dato dal fatto che, rispetto ad allora, la differenza dell’andamento delle vendite tra le tipologie del dettaglio è enormemente superiore, non è mai stata così ampia.

I negozi di alimentari hanno contenuto le perdite al 2%, mentre quelle delle imprese specializzate nelle altre tipologie di prodotti (accessori, abbigliamento) hanno accusato decisamente gli effetti delle restrizioni imposte e registrato la caduta più ampia mai sperimentata dall’inizio della rilevazione (-10,2%). Al contrario ipermercati, supermercati e grandi magazzini hanno decisamente beneficiato della situazione realizzando un incremento delle vendite del 4,9%, il miglior risultato conseguito dal 2007. La pressione sulla base imprenditoriale si è di nuovo lievemente ridotta. Le imprese attive nel commercio al dettaglio erano 42.715 al 31 dicembre 2020: rispetto ad un anno prima la loro consistenza è diminuita del 2% (-879 unità).


Per forma giuridica, l’andamento negativo è dato da una più veloce diminuzione delle società di persone (-3,9%, -352 unità) e da una più ampia riduzione delle ditte individuali (-660 unità, -2,2%). Le prime risentono dell’attrattività della normativa delle società a responsabilità limitata, che determina un incremento assai più contenuto delle società di capitale (+2,9%, +137 unità).

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