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VIDEO | La storia di Luca, perseguitato perché cristiano: “Violenza e torture dopo l’arresto”

A parlare, in un'intervista esclusiva con l'agenzia Dire è un fedele della Chiesa di Dio Onnipotente: "Per il Pcc non è un crimine"

Pubblicato:29-11-2024 13:45
Ultimo aggiornamento:29-11-2024 15:56
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ROMA – “Spero che il governo italiano accenda attenzione su quello che accade ai cristiani in Cina, su quello che fa il Partito comunista cinese (Pcc) negando il rispetto dei diritti umani”.

A parlare, in un’intervista esclusiva con l’agenzia Dire, è Luca, cristiano scappato dal suo Paese, dopo esser stato arrestato e torturato come fedele della Chiesa di Dio Onnipotente dalla polizia del Pcc.

Anche Papa Francesco ha più volte lanciato un appello per i cristiani perseguitati, ricorda Luca che in questa intervista decide di mostrare il suo volto.


La Chiesa di Dio Onnipotente rientra tra le confessioni cristiane: credono che Gesù, questa la differenza con la Chiesa cattolica, sia già tornato sulla Terra.

Durante “una riunione di fede gli agenti della polizia del Pcc hanno fatto irruzione– racconta- Sono stato arrestato e condannato a 3 anni di rieducazione attraverso il lavoro. Era il 2002. Mi hanno interrogato piu di 10 poliziotti. Volevano sapere chi fosse il capo della chiesa, ma io non volevo essere Giuda”.

Luca non rivela i nomi, non vuole tradire i fratelli e per questo è stato picchiato, denudato, gli hanno divaricato braccia e gambe, ammanettandolo dietro la schiena.

“Sono stato picchiato con cinture di cuoio e i poliziotti si sono messi sopra di me e mi hanno schiacciato dalle 8.30 alle 19 fino a che ho perso conoscenza”, continua.

“Nel centro di detenzione gli agenti hanno istigato i detenuti a picchiarmi: sono stato spogliato e mi hanno buttato addosso acqua fredda e obbligato a stare seduto immobile su una branda e preso a calci e pugni se mi muovevo”.

L’inferno di Luca inizia il 1 agosto 2002 e finisce nel 2005: “Da 85 kg arrivai a pesarne meno di 60 e non stavo in piedi”.

Tanti gli episodi di violenza: quella volta quando “un ufficiale gli ordina di spostare un sacco di mais di 90 kg”, Luca non ce la fa e viene “colpito con un bastone legno”, da non poter più stare in posizione eretta.

“Per il Pcc non è un crimine uccidere un cristiano– continua la testimonianza- mi dicevano qui c’è un crematorio e se ti uccidiamo ti mettiamo lì e facciamo un certificato di morte naturale”.

“Il 3 aprile 2005 sono stato liberato, tornato a casa scoprii che anche mia moglie era fuggita e di lei non ho ad oggi notizie. Mio figlio vive con una zia e da allora non lo vedo più”.

Oggi Luca vive in Italia, ha presentato richiesta di protezione internazionale, ha un permesso provvisorio e attende l’audizione. Proprio dei cinesi perseguitati per fede, che scappano dal loro Paese, sin dal 2017 con una prima conferenza stampa in Parlamento si è occupato il centro studi Lirec.

“Siamo stati in assoluto i primi in Europa ad occuparci di questi casi- spiega alla Dire la direttrice Raffaella Di Marzio- di cinesi che scappavano per diventare poi rifugiati.

In Italia e Germania parecchie richieste sono state rifiutate e queste persone sono state rimandate in Cina con pericolo di scomparire: è successo e nessuno ne sa più nulla, queste persone risultano scomparse.

Inoltre – denuncia ancora l’esperta di religioni Di Marzio – dal 2022 su un sito cinese sono comparsi i nomi dei cinesi fuggiti in Italia: c’è un elenco” che diventa di fatto una caccia alle streghe.

Il caso è stato riportati anche in un articolo su: https://bitterwinter.org/uno-scandalo-italiano-elenchi-di-richiede nti-asilo-cinesi-della-chiesa-di-dio-onnipotente-pubblicati-in-cin a/.

Un serio pericolo per l’incolumità di queste persone e delle loro famiglie. “Per la mia fede – conclude Luca- sono stato trattato in modo disumano, anche mio padre è stato arrestato e sono preoccupato. Chi crede in Dio in Cina viene perseguitato, la mia famiglia è stata distrutta”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it


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