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La Sicilia teme il medicane Apollo: cos’è e perché si chiama così

La parola deriva dall'unione di due termini inglesi: mediterranean e hurricane, cioè un uragano del mediterraneo

Pubblicato:29-10-2021 11:22
Ultimo aggiornamento:29-10-2021 13:41

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ROMA – La Sicilia si prepara ad affrontare un’altra dura prova. Dopo la forte ondata di maltempo che ha flagellato la parte orientale dell’isola e causato la morte di tre persone adesso si teme l’arrivo di un ciclone, o per la precisione di un medicane. La parola deriva dall’unione di due termini inglesi: mediterranean mediterranean e hurricane, cioè un uragano del Mediterraneo. Nella conformazione i medicani sono simili a tifoni, caratterizzati da una spirale con un occhio al centro. Un’immagine che ci porta alla mente scenari esotici, americani o asiatici, anche se in realtà questi fenomeni possono interessare anche il Mediterraneo, sebbene abbiano un’intensità minore rispetto ai cicloni degli altri continenti. Ma come si forma un medicane?

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MEDICANE, COME NASCE IL CICLONE CHE TEME LA SICILIA

A generare questi cicloni mediterranei è l’incontro, in una zona depressionaria, di masse d’aria fredda con l’aria calda presente sul mare. Ecco perché l’intensità di un medicane, che nel mediterraneo ha disposizione un quantitativo di acqua di gran lunga minore rispetto a quello presente negli oceani, è inferiore rispetto agli uragani tropicali (nondimeno la pericolosità dei primi non va sottostimata, essendo in ogni caso questi fenomeni pericolosi e distruttivi).


Dallo scontro delle masse d’aria a diverse temperature si generano delle nubi connettive, che si spostano circolarmente intorno a un nucleo, il cosiddetto ‘occhio’ del ciclone. Lì si creano venti forti e temporali. A causare l’aumento della frequenza di questi fenomeni nel Mediterraneo è il surriscaldamento globale. L’innalzamento della temperatura dei mari genera un maggior rilascio di vapore, immettendo così più energia nella macchina termodinamica che è la Terra, aumento di energia che causa una maggiore violenza nei fenomeni meteo, che in alcuni casi, come quello della Sicilia, possono diventare estremi, generando cicloni, anche nel Mediterraneo.

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CICLONE IN SICILIA, AUMENTANO LE TEMPERATURE NELLE PROFONDITÀ DEI NOSTRI MARI: GREENPEACE CHIEDE AZIONI CONCRETE

Mentre continua l’allerta meteo in Sicilia per il ciclone tropicale mediterraneo (o medicane, dalla contrazione di Mediterranean hurricane), Greenpeace rende noti i primi risultati raccolti quest’anno nell’ambito del progetto Mare caldo, una rete di monitoraggio che prevede l’installazione di termometri per misurare l’aumento della temperatura del mare, che è proprio una delle concause di questi fenomeni estremi.

La stazione di misurazione delle temperature marine posizionata sulla costa nord-occidentale dell’Isola d’Elba ha rivelato che quest’estate – tra le più calde mai registrate nella penisola italiana –le temperature medie misurate a luglio e agosto dai 20 ai 40 metri di profondità sono state di circa 1,5 gradi centigradi più alte di quelle del 2020, raggiungendo valori medi di quasi 18 gradi centigradi nei mesi estivi a una profondità di 40 metri. Un chiaro segnale che i cambiamenti climatici sono ormai una realtà anche negli ambienti più profondi dei nostri mari e costituiscono una grave minaccia per la biodiversità.

«I dati registrati da satellite indicano un aumento di oltre 1,5 gradi centigradi delle temperature superficiali negli ultimi quarant’anni nel mare Mediterraneo. Il progetto Mare caldo evidenzia come le temperature stiano aumentando anche negli strati più profondi, ambienti solitamente più stabili dove anche le minime variazioni di temperatura possono causare conseguenze drammatiche sugli organismi che vi abitano. Noi stessi durante i monitoraggi condotti per il progetto abbiamo potuto osservare un aumento di mortalità degli organismi più sensibili. Sono ormai evidenti cambiamenti significativi nella struttura e nella composizione delle comunità betoniche negli ambienti marini sommersi, con gravi conseguenze non solo per la biodiversità marina ma anche per le economie che da essa dipendono», dichiara Monica Montefalcone, ricercatrice del DiSTAV dell’Università di Genova, responsabile scientifica del progetto Mare caldo.

Proprio nelle scorse settimane Greenpeace insieme ai ricercatori del DiSTAV dell’Università di Genova sono stati all’Isola d’Elba per monitorare gli impatti dei cambiamenti climatici sulle comunità di scogliera. Da una prima analisi, confrontando i dati raccolti nei primi due anni di progetto, è emerso un aumento della mortalità degli organismi più sensibili legato all’innalzamento delle temperature. Nell’ambito dei monitoraggi condotti nel 2020, solo il 10% delle gorgonie rosse (Paramuricea clavata), tra i 30 e i 40 metri di profondità, riportavano segni di necrosi, mentre nel 2021 la percentuale è raddoppiata. Lo stesso impatto è stato osservato, a minori profondità, per le alghe rosse corallinacee che mostrano segni di sbiancamento e mortalità sempre più evidenti.

Eventi di moria sono stati inoltre osservati, in entrambi gli anni di monitoraggi, per il 25% delle gorgonie gialle (Eunicella cavolini) e per il 60% circa del madreporario mediterraneo (Cladocora caespitosa). Le analisi sembrano quindi confermare le tendenze osservate negli ultimi vent’anni dai ricercatori del DiSTAV: il confronto dei dati raccolti dal 2000 a oggi mostra come le comunità bentoniche di scogliera dell’Isola d’Elba stiano pian piano cambiando, con la perdita di alcune specie native e l’arrivo di specie termofile e aliene che meglio resistono alle alte temperature e che si stanno quindi gradualmente spostando verso nord, come i pesci pappagallo (Sparisoma cretense) o l’alga aliena Caulerpa cylindracea, oggi ampiamente diffusa all’Isola d’Elba fino a 40 metri di profondità.

Nelle prossime settimane i ricercatori del DiSTAV analizzeranno i dati raccolti dalle altre stazioni del progetto per verificare se l’aumento delle temperature registrate all’Elba siano coerenti nelle diverse aree dei mari italiani. A oggi sono ben nove le stazioni che fanno parte del progetto Mare caldo di Greenpeace, di cui otto sono in Aree Marine Protette che hanno deciso di entrare a far parte della rete di monitoraggio.

“Non c’è più tempo da perdere. È evidente che stiamo già assistendo a drammatici cambiamenti, sia a terra che in mare. Eventi climatici estremi, siccità e trombe d’aria sono ormai una realtà anche nel nostro Paese, con impatti gravissimi non solo sulla biodiversità ma sulla vita delle persone. Chiediamo all’Italia, come presidente del G20 e vicepresidente della prossima conferenza sul clima, di non nascondersi dietro a chiacchiere e a false soluzioni ma di promuovere azioni concrete, a cominciare dal divieto di ogni nuova attività di trivellazione offshore. Le estrazioni di idrocarburi mettono a rischio il nostro mare due volte: in modo diretto con le attività di esplorazione e perforazione, e in modo indiretto con le conseguenze causate dall’utilizzo dei combustibili fossili”, conclude Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia. Per l’ong è preoccupante che a sei anni di distanza dagli accordi di Parigi, firmati nel 2015 per limitare l’aumento della temperatura globale entro la soglia di 1,5 gradi centigradi, le emissioni di gas serra continuino ad aumentare e con esse le temperature. Secondo l’osservatorio europeo sul clima Copernicus, l’estate del 2021 è stata la più calda in Europa negli ultimi trent’anni, e le temperature registrate sulla terraferma da ISAC-CNR in Italia indicano che è stata la sesta più calda dalla fine dell’Ottocento, con medie che hanno superato di circa 1,5 gradi centigradi quelle degli ultimi trent’anni. Greepeace si appella ai leader mondiali riuniti oggi a Roma per l’inizio del G20 affinché mettano in atto azioni concrete per tagliare le emissioni climalteranti il più velocemente possibile: ulteriori rinvii porteranno solo all’aggravarsi di fenomeni estremi come quelli che stanno colpendo in questi giorni il Sud Italia.

CON L’ARRIVO DELLA FORTE PERTURBAZIONE, IL SERVIZIO METEOROLOGICO DELL’AERONAUTICA MILITARE INIZIA AD ATTRIBUIRE UN NOME AGLI EVENTI PIU’ INTENSI

Il Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare attribuisce alla perturbazione ciclonica che sta interessando le regioni meridionali ioniche, in particolare la Sicilia, e che ha subito una nuova intensificazione in queste ultime ore, il nome “Apollo”, identificando di conseguenza l’evento meteorologico con questo nome su tutta la produzione grafica e testuale relativo all’argomento.

La perturbazione, originatasi sul Mediterraneo centro-meridionale diversi giorni fa, si è avvicinata alle caratteristiche di Tropical Like Cyclone o Medicane – Simil Ciclone Tropicale o Mediterranean Hurricane – giungendo sulla costa sud-orientale della Sicilia tra la scorsa notte e questa mattina, causando venti e precipitazioni di forte intensità. L’evoluzione del fenomeno è consultabile sul sito web del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare www.meteoam.it.

L’ATTRIBUZIONE DEI NOMI PROPRI ALLE INTENSE PERTURBAZIONI CICLONICHE

Il processo di attribuzione di un nome alle perturbazioni cicloniche più intense da parte del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare, è parte di un’iniziativa intrapresa da parte di EUMETNET, consorzio dei servizi meteorologici europei a cui partecipano i servizi meteorologici nazionali e, per l’Italia, il comparto Meteorologico dell’AM. Nell’ambito di EUMETNET è stato lanciato il progetto denominato “Storm Naming”, che ha appunto come obiettivo l’attribuzione di una denominazione coordinata alle perturbazioni cicloniche più rilevanti che interessano l’Europa. Lo scopo di questa attività è quello di uniformare l’informazione meteorologica a livello istituzionale internazionale e, in caduta, anche nazionale.

L’Italia partecipa all’iniziativa in coordinamento con i paesi del “Gruppo del Mediterraneo centrale”, formato da ARSO METEO (Slovenia), DHMZ (Croazia), YXMP (Macedonia del Nord), l’Ufficio Meteo dell’Aeroporto Internazionale di Malta e l’IHMS (Montenegro). Analogamente, sempre nell’ambito di EUMETNET, gli altri Paesi europei che hanno aderito al progetto sono divisi in gruppi territorialmente contigui.

A breve, saranno disponibili sul sito web del Servizio meteorologico dell’AM delle pagine dedicate all’iniziativa, con la lista già definita dei nomi che saranno utilizzati, gli approfondimenti sull’attività e le FAQ ad esso dedicate.

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