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Comunali, Godo: “Dall’Albania a Roma mi batto per l’integrazione”

Nato a Durazzo, 54 anni, è aspirante consigliere comunale nelle liste per il candidato sindaco del Partito Democratico Robelto Gualtieri

Pubblicato:29-09-2021 16:46
Ultimo aggiornamento:29-09-2021 16:46
Autore:

edmond godo
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ROMA – Creare un osservatorio e una commissione permanente che guidino il processo di integrazione di quel 13 per cento di cittadini romani che non è italiano, che già “ogni giorno fa esperienza di intercultura interagendo dovunque e continuamente” con il resto della cittadinanza, dando anima e corpo a quella Roma “multietnica e multiculturale” cui però manca ancora una visione politica. È la proposta di Edmond Godo, origini albanesi, aspirante consigliere comunale della capitale nelle liste per il candidato sindaco del Partito Democratico Robelto Gualtieri.

Nato 54 anni fa a Durazzo, sulla costa orientale dell’Adriatico, Godo vive in Italia dal 1991. Con decine di migliaia di connazionali, lasciò l’Albania durante la complessa fase di trasformazione che seguì il crollo del governo socialista che aveva guidato il Paese per oltre 40 anni. Laureato in sociologia alla Sapienza di Roma e presidente dell’associazione della comunità albanese in Italia Besa, nella capitale si è costruito una famiglia e ideato un’esperienza politica. All’agenzia Dire riferisce del perchè ha scelto di candidarsi; un perchè che passa anche per un percorso lasciato incompiuto dalla politica romana. “Mi riferisco alla deliberazione 66 del 2002 voluta dall’amministrazione Veltroni – spiega Godo – che aveva introdotto una politica in merito a ‘Orientamenti e indirizzi per l’attuazione della politica riguardante la multietnicità nella città di Roma’”. Godo cita anche un’altra deliberazione, dell’anno successivo, che creava la figura del “consigliere aggiunto”, una prima forma di rappresentanza delle comunità straniere, mai più approvata a partire dal 2013, grazie alla quale il candidato consigliere ha mosso i primi passi nella poltica romana. Secondo Godo, è necessario “riprendere le fila dell’atto 66/2002, che è ancora vigente nonostante tutto, e tornare a valorizzare il patto per l’integrazione che lo informava”.

Un’intesa simbolica, che si articola in tre contratti sociali, spiega Godo: “Uno con i cittadini stranieri, basato su governance e multietnicità e che vuol dire trasparenza e fiducia reciproca; un altro con la città, centrato su sviluppo e miglioramento dell’occupazione; un altro infine con tutti i cittadini, che mira a creare una città multietnica e vivibile”. Godo elenca gli strumenti chiave per articolare i principi del patto. Anzitutto “un osservatorio, che ora non c’è, che ai cittadini faccia conoscere i territori che diventano multietnici e multiculturali e alle istituzioni dia un aiuto per gestirli politicamente e amministrativamente“: poi “una commissione permanente, con il mandato di accompagnare il patto di intergrazione e di sostenere la crescita all’interno della comunità che si stanno trasformando, a favore di tutti i cittadini” per fare dell’integrazione un movimento “biunivoco, reciproco e interdipendente”.


Per Godo a giocare un ruolo per “realizzare concretamente” questa idea di integrazione, in un’ottica anche di “relazioni transnazionali che vanno oltre la mera lotta all’esclusione sociale”, possono essere anche le diaspore delle oltre 180 comunità straniere che vivono a Roma. L’obiettivo finale, evidenzia il candidato, è rompere la “mancanza di comunicazione” e la “separazione continua tra noi e loro” che caratterizza lo scenario romano. Godo, che conosce bene la zona dell’Esquilino, lo spiega anche parlando di Piazza Vittorio, simbolo della multietnicità romana ma anche dei suoi limiti. “I recenti lavori che hanno interessato i giardini l’hanno abbellita molto – ammette il candidato – ma il fatto centrale resta che tutte le comunità che animano il quartiere non dialogano; ognuna, in questo momento, non vede oltre il proprio naso”. 

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