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Faenza presenta il film su Emanuela Orlandi: “E ora riaprire indagini”/FT e VD

Il regista ci lavora da 4 anni. Durante le riprese del film, nei mesi scorsi, è arrivata la notizia della seconda archiviazione del caso da parte della magistratura

Pubblicato:29-09-2016 16:01
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:07

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ROMA – “E ora riaprite il caso”. Emanuela Orlandi è scomparsa 33 anni fa, era il 22 giugno del 1983. Era appena uscita dalla scuola di musica, da allora nessuno l’ha più vista. In oltre 33 anni diverse le ipotesi che si sono rincorse, più o meno fantasiose, più o meno veritiere: nessuna, però, ha contribuito veramente a riportare a casa la cittadina vaticana, 15 anni all’epoca della scomparsa. Nei mesi scorsi, per la seconda volta, il caso è stato archiviato. La notizia è arrivata durante la lavorazione di ‘La verità sta in cielo’, il film sulla vicenda di diretto da Roberto Faenza, presentato oggi a Roma alla stampa. La pellicola uscirà giovedì 6 ottobre in 250 copie ed è stata prodotta da Rai Cinema.

scamarcio2Un film frutto di un lavoro di 4 anni da parte del regista, che si è documentato, dalle 88 pagine dell’archiviazione (“errore storico, questa storia resterà”, ha detto Faenza) fino alla presenza costante a tutte le iniziative di piazza del fratello di Emanuela, Pietro (“È sempre stato presente, ha sempre seguito questa storia”). Un film che, secondo Faenza, “sarà criticato”, un film per il quale ha ricevuto minacce “ma facendo un certo tipo di cinema lo metto in conto”, un film che molti sperano “possa far riaprire l’inchiesta”. Ma, forse, è soprattutto un film che prova a fare chiarezza su una vicenda mai chiarita, di cui si è detto e scritto tanto. In circa 94 minuti, ovviamente, non è stato possibile riassumere 33 anni di indagini, depistaggi, verità, ‘non verità’. Per cui Faenza ha scelto di puntare sul personaggio Enrico De Pedis, detto Renatino, interpretato da Riccardo Scamarcio, il boss su cui secondo delle ricostruzioni si concentrerebbe tutta la vicenda. Almeno secondo una delle figure chiave della vicenda, Sabrina Minardi. Sia per la Sabrina ventenne che per quella cinquantenne che nel film ha il volto Greta Scarano. Proprio Minardi, una donna allo sbando, tossicodipendente, racconta il De Pedis che si vede nel film, in una serie di interviste rilasciate a Raffaella Notariale, interpretata da Valentina Lodovini, la giornalista di ‘Chi l’ha visto?’ che ha seguito il caso.


scarano_lodoviniTutta la vicenda ruota però attorno alla figura di Maria, una giornalista italiana che vive e lavora a Londra, il cui ruolo è affidato a Maya Sansa, inviata a Roma dal suo capo, John, interpretato da Shel Shapiro. “Quello che si vede nel film è un De Pedis raccontato dalla Minardi- ha detto Scamarcio in conferenza-. Questo De Pedis ha la funzione di raccontare il tenore e tipo di vita che conduceva. Ma anche la capacita che De Pedis aveva nell’intrattenere rapporti con tutti gli alti luoghi di potere, dai servizi segreti ai cardinali, dai giornalisti, ai politici, ai senatori. Questa è Roma…Non è solo Roma, è il mondo”.

Quando Greta Scarano ha fatto i provini per il ruolo di Minardi non sapeva che avrebbe interpretato anche la Sabrina più vecchia: “Il provino l’avevo fatto per la Sabrina giovane. L’ho scoperto tempo dopo, quando Faenza mi ha chiesto se me la sentivo. Io gli ho detto che avrei fatto il film solo se mi avesse fatto fare Sabrina a 50 anni- ha detto-. Il caso di Emanuela Orlandi lo conosco da bambina, ha colpito tutti nella mia famiglia. Spero che il valore del film venga riconosciuto”.

valentina_lodoviniValentina Lodovini, invece, si è detta “indignata” dal caso, per cui ha voluto fare il film: “La conoscenza ci salverà. Mi batto molto, sono una donna che si schiera, che ama agire. Più si denuncia e più magari si arriva a qualcosa. Nel film rappresento la parte dell’Italia che non si arrende, quella che vorrebbe sapere. Sono Raffa Notariale che è una giornalista alla quale sono grata”. Dal sapore amaro, invece, la considerazione di Shel Shapiro: “Questo Paese non approfondisce mai le motivazioni, la verità. Roberto ha avuto un grande coraggio. Spero che il film aiuti a riaprire le indagini. L’archiviazione è in linea con l’Italia. Qui c’è l’archiviazione su tutto, da sempre. Quando non si arriva a verità, si archivia”.

FAENZA: FILM E’ UN ASSIST PER RIAPRIRE INDAGINI

Il film ‘La verità sta in cielo’ “dice che la verità sta in terra. Il film è un assist per le indagini, per chi le vuole proseguire per fare l’ultimo metro. Ne manca solo uno per tirare fuori quello che si sa, perché si sa, attorno a Emanuela. Così come so che questo film sarà attaccato”. Lo ha detto il regista Roberto Faenza che oggi alla stampa ha presentato il suo ultimo film ‘La verità sta in cielo‘, che racconta il caso Orlandi a partire dal 22 giugno 1983, quando la 15enne cittadina vaticana è scomparsa, ad oggi. “Ringrazio Rai Cinema- ha detto Faenza-. Ha avuto coraggio nel fare questo film, che non tutti avrebbero fatto. Sono convinto che abbiano fatto un bell’investimento”.

A proposito dell’ultimo ‘metro’, “la magistratura ha chiuso le indagini per la seconda volta perché non ritiene che ci siano prove a sufficienza per andare a processo. Ma in 88 pagine dell’archiviazione ci sono tutti gli elementi per farlo. Sono stupito, ci sono intercettazioni, come quella dell’autista di De Pedis. Sono cose che scrivono i magistrati”. Il Vaticano, continua Faenza, ha un dossier sul caso: “La documentazione appare negli atti. Il Vaticano ha un dossier, perché non lo tira fuori, cosa c’è dentro? Se si tirasse fuori il dossier, si saprebbe la verità. Non credo che il film convincerà qualcuno a tirar fuori il dossier. Ma secondo me nel giro di un mese qualcosa viene fuori“.

FAENZA: MINACCIATI PER IL FILM SU CASO ORLANDI

“Abbiamo avuto un po’ di minacce… su Internet mi hanno dato del mentitore” e “scrivono che De Pedis è una persona per bene”, rivela Roberto Faenza. Faenza ha poi aggiunto: “Non è che abbia ricevuto più minacce di quando ho fatto il film su Don Puglisi. Questo non mi preoccupa: facendo un certo tipo di cinema lo metto in conto“. Il regista ha quindi spiegato che “la famiglia Orlandi e Pietro mi sono stati molto di aiuto, ma senza i giudici non avrei fatto questo film”.

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