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Fino all’ultimo respiro, quello che ci attende non sarà un film

L'editoriale del direttore Nico Perrone per Dire Oggi

Pubblicato:29-05-2020 14:54
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:24

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ROMA – Tutti gli italiani con il fiato sospeso, col virus che lo toglie, il respiro. Tra pochi giorni potremo riandare liberamente in giro oppure no? A livello politico, tra Governo e Comitato tecnico scientifico, è in corso un nuovo duello, tra chi vuole partire a razzo e chi invece invita alla cautela visto che il virus è ancora in circolazione. Intanto spuntano le mille proposte dei tanti presidenti di Regione: chi toglierà l’obbligo di portare la mascherina dal primo giugno, chi vuole la patente di immunità per i turisti che arriveranno, chi chiude e chi mette per un pochino in quarantena. Si va in ordine sparso, come abbiamo visto in tante occasioni in questi ultimi mesi.

Ma è sul respiro che oggi vorrei invitare tutti a riflettere, perché ci aspettano mesi difficili e se, come promesso dai nostri politici e governanti, tutte le misure per ripartire, per dare ossigeno a quanti finora sono stati costretti a chiudere, non arriveranno presto, molto presto a destinazione potremmo trovarci in situazioni di scontro e di tensione sociale. Ad esempio: la morte di George Floyd, il nero ucciso dalla polizia a Minneapolis, dove ormai si vivono rivolte e saccheggi. Forse non c’entra molto con la nostra situazione ma al livello di significato mi sembra una cosa illuminante. Perché negli Stati Uniti l’epidemia da coronavirus ha colpito forte, tanti morti e tante polemiche, scatenate anche dal Presidente Donald Trump. E proprio mentre nel mondo si combatte contro il virus che ti fa morire soffocato, il povero Floyd ha trovato un poliziotto, in quel momento simbolo del potere e della legge, che lo ha ucciso soffocandolo con una gamba premuta sul collo: da una parte i medici e gli infermieri che si ammazzano di fatica per dare ossigeno a chi non respira, dall’altra l’ordine costituito che te lo toglie. Abbiamo tutti detto che dopo la pandemia forse ci sarà un mondo migliore. Ma lo dobbiamo costruire da oggi, facendo attenzione a come riprenderemo anche a relazionarci tra di noi.

Pensando che arriveranno momenti difficili, dove ci saranno tante persone in difficoltà, che non ce la faranno più a tirar avanti, a respirare perché schiacciati dalle preoccupazioni. E penso anche alle ragazze e ai ragazzi, rinchiusi per mesi e che adesso dovranno riadattarsi a prender fiato fuori, insieme agli altri. Tenendo conto che già gli scienziati lanciano l’allarme su una seconda ondata dell’epidemia in autunno. In tanti sono preoccupati, per le tensioni, gli scontri che potranno verificarsi nelle nostre città. Per questo bisognerà fare attenzione, soprattutto a livello di Governo e di chi governa le forze dell’ordine a saper sempre misurare gli interventi. Distinguere e capire, tra chi comunque ce la fa e chi, invece, non avrà altro modo di farsi sentire se non urlando. Ecco che quell’urlo, quella protesta, non venga mai soffocata ma accolta e risolta. Ps: ho preso il titolo dal grand film di Jean-Luc Godard, che invito a ri-vedere, perché anche lì c’è un richiamo a quanto accaduto l’altro giorno a Minneapolis: il protagonista, un giovanissimo Jean Paul Belmondo, un fascinoso delinquente sempre in cerca di avventure e soldi facili, ma in quel film è lui, eroe ‘nero’, che uccide un poliziotto.


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